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ESCLUSIVO Piasentini: "LeBron? Questione GOAT stucchevole, un privilegio viverlo. Wade secondo solo a MJ e Kobe"

Dalla grandezza e la mancata riconoscenza nei confronti di LeBron James alla carriera di Dwyane Wade. Abbiamo avuto il piacere di scambiare una chiacchierata con Davide Piasentini de ‘La Gazzetta dello Sport’, scrittore e autore dei libri “LeBron James. Il ritorno del Re” e “Flash. La storia di Wade“. Ecco la nostra intervista esclusiva.

Il titolo vinto con i Lakers ha confermato che il declino di LeBron James è ancora lontano, ma ovunque abbia vinto non ha mai avuto la riconoscenza che merita. Dobbiamo solo aspettare che la sua carriera si cementifichi nella storia?
Quando terminerà di giocare, tutto andrà dove deve andare e merita. LeBron ha dato e ricevuto tanto nella sua carriera cestistica, quindi non ritengo ci sia una diffusa irriconoscenza nei suoi confronti. La questione, a mio avviso un po’ stucchevole, del GOAT ha tolto l’attenzione dal suo impatto globale, rivoluzionario e, per certi versi, eversivo sulla pallacanestro e sullo sport americano. Star lì ad amarlo o ad odiarlo incondizionatamente a seconda della parte che si è deciso di interpretare è limitante, secondo me. LeBron James è un atleta di grandezza inestimabile, sia tecnicamente che narrativamente. Non è uno slogan pubblicitario o una frase fatta, abusata e riciclata. È la verità, pura e semplice. Godiamocelo fino all’ultimo possesso sul parquet, good times and bad times. Discutiamo delle importanti questioni che solleva e delle cose che dice. Non diamo per scontato che uno così possa ripresentarsi tra qualche decennio. Abbiamo la fortuna o il privilegio, come preferite, di viverlo. Non buttiamo via tutto perché crediamo erroneamente che il basket ci appartenga di diritto solo per il fatto che lo amiamo profondamente. Non dobbiamo essere così polarizzanti per forza in ogni giudizio. Per una volta, lasciamo da parte il tifo e concentriamoci solo sulla grandezza del gioco. LeBron James è proprio lì e, che piaccia oppure no, ci resterà per sempre“.

Da LeBron a Dwyane Wade:
Wade è stato uno dei più grandi giocatori della sua generazione, tra le migliori shooting guard di tutti i tempi. Io ci metto davanti solo Michael Jordan e Kobe Bryant, ad esempio. Quello che è stato in grado di fare in quelle Finals del 2006 rimane tutt’oggi qualcosa di meraviglioso ed irripetibile. Dallas aveva quelle finali in pugno, sul 2-0 nella serie e sul +13 negli ultimi 6′ di gara 3. Il resto è storia. Dwyane Wade è riuscito a trascinare i suoi compagni verso un’impresa impossibile, giocando una pallacanestro individuale a dir poco eroica, leggendaria. Quella che più di tutte si è avvicinata a Jordan negli ultimi 20 anni. Una guardia con le caratteristiche tecniche, mentali e atletiche di Wade non credo tornerà mai più. È riuscito a vincere sia facendo individualmente un passo avanti, quando nessuno se lo aspettava (con Shaq), che uno indietro (con LeBron), quando la maturità e la consapevolezza glielo hanno permesso. Ha dato a Miami un cuore pulsante e una legacy su cui costruire una cultura cestistica che potesse durare nel tempo. Ha nobilitato il concetto di “combo guard”, combinando alla perfezione “playmaking and scoring” e trovando il modo di determinare anche nella metà campo difensiva. La lista di achievement potrebbe continuare ma farlo sarebbe come banalizzarla. Con Dwyane non bisogna commettere un errore del genere, altrimenti si normalizzerebbe quello che di normale non ha proprio nulla“.

Intervista a cura di Diego Cognigni

About The Author

Enrico Pecci Classe '96, proveniente da quel favoloso luogo chiamato Marche (provare per credere), studente di Scienze della Comunicazione ed appassionato di calcio quanto di basket. Collaboratore per nba24.it, sognando un futuro in cui scrivere di sport sia un lavoro oltre che una passione.