NBA Finals 2001, quando Iverson sfidò Bryant e i Lakers
C’è stato un momento, all’inizio di questo secolo, nel quale nel più grande campionato di basket di tutti, ossia quello dell’NBA, un piccolo e irriverente genio sfidò una squadra di campioni. Stiamo parlando di quell’Allen Iverson che alle finali della stagione 2000-01 fece sognare i tifosi dei Philadelphia 76ers contro i grandi favoriti alla vittoria, ossia i Los Angeles Lakers. La squadra della Pennsylvania, arrivata in finale grazie all’ottimo lavoro di Larry Brown, l’unico allenatore davvero in grado di poter tenere a bada il caratteraccio di Iverson, oltre che capace di farlo rendere al meglio, era la grande outsider di quella stagione, e si presentava all’appuntamento ultimo contro la corazzata californiana pronta a stupire di nuovo. Alla guida dei 76ers vi era appunto quel numero 3 che rispondeva al nome di Iverson, uno dei membri della Hall of Fame dell’NBA e secondo molti il playmaker con più talento mai visto sui parquet del campionato nordamericano di basket.
In quelle Finals tra due squadre totalmente distinte e dal budget inversamente proporzionale, i 76ers erano gli sfidanti belli e dannati e i Lakers i possenti depositari dell’esperienza necessaria per vincere alla lunga, cosa che poi accadde. Anche in quell’occasione, così come nella stagione che sta per concludersi, i Lakers erano i chiari favoriti alla vittoria dell’anello secondo le principali quote delle scommesse sul basket disponibili. In quel momento, tuttavia, la squadra gialloviola allenata dal guru Phil Jackson, poteva disporre non solamente di un centro fortissimo fisicamente come Shaquille O’Neal ma anche e soprattutto su una guardia tiratrice come Kobe Bryant, anch’egli presente di diritto nella Hall of Fame. Fu dunque nel giugno 2001 che il talento puro di Iverson e la voglia di vincere di Bryant si sfidarono in una serie di partite al cardiopalma che avrebbero deciso quale squadra sarebbe stata la vincitrice di quella stagione.
La prima partita fu giocata a Philadelphia e vide Iverson prendersi le responsabilità del campione, guidando i suoi a una vittoria strepitosa con il punteggio finale di 107 a 101. Il nativo di Hampton fu l’assoluto protagonista del match con 49 punti messi a segno e alcune giocate mirabolanti che fecero andare in visibilio i tifosi del posto. Quell’esibizione di dominio totale del gioco fece apparire “The Answer”, come lo chiamavano nell’ambiente, come il nuovo paladino del basket mondiale, e gli valse l’ammirazione di tanti appassionati di questo sport, tra i quali un giovanissimo LeBron James, oggi leader proprio dei Lakers. Quella grande partita fu, però, l’unica dimostrazione di superiorità dei 76ers, visto che da quel momento in poi i californiani si imposero nei quattro match che seguirono e finirono col vincere il tanto agognato anello. La forza del collettivo di Phil Jackson fu troppo superiore e anche il fenomenale Iverson dovette arrendersi alla solidità del gruppo avversario, nel quale Bryant aveva deciso di dover comandare e riuscì a farlo, anche se alla fine il titolo di MVP (ossia di miglior giocatore) delle finali fu conquistato da O’Neal, che fece la differenza sotto canestro.
Il trionfo dei Lakers bloccò lo slancio di un Iverson che a ventisei anni era nel miglior momento della sua carriera e che come giocatore singolo riuscì a spiccare anche in quelle finali, segnando un totale di 178 punti in cinque incontri. Sfrontato e agilissimo, Iverson faceva notizia per essere uno dei pochi cestisti relativamente bassi (misura 182 cm) a riuscire a effettuare schiacciate. Bryant, dal canto suo, crebbe da piccolo in Italia al seguito del padre e imparò lì i fondamentali del basket per poi far esplodere la sua bravura nel campionato di casa sua e forgiò le sue vittorie più sull’allenamento che sul talento.
Quella fantastica sfida tra il talento della Virginia e il grande erede di Michael Jordan è ormai un pezzo indelebile della storia dell’NBA, un campionato spettacolare come nessun altro.