Gregg Popovich attacca la NFL: "C'è tanta ipocrisia. Si sono fatti intimidire da Trump"
Sono settimane difficili negli States, divisi tra la lotta al COVID-19 da una parte e dalle feroci proteste seguite all’omicidio di George Floyd dall’altra. In NBA ferve il dibattito attorno alla ripartenza, impostata da Adam Silver e compagnia per fine luglio, con non pochi giocatori che esprimono dubbi sul livello di sicurezza sanitario che potrà essere garantito ad Orlando, mentre qualcun’altro, leggasi Kyrie Irving, arriva ad invocare in pratica lo sciopero, proprio per sostenere le proteste di questi giorni.
A proposito del tema anti discriminazioni, torna nuovamente in campo Gregg Popovich. L’head coach dei San Antonio Spurs rivolge stavolta i propri strali contro la NFL, in un’intervista rilasciata al New York Times. In primis coach Pop attacca il Commissioner della Lega del Football Americano, George Goodell, censurando il fatto che la NFL, nella sua lettera di scuse rivolta ai giocatori per le critiche rivolte nel momento di maggior polemica nei confronti del gesto di inginocchiarsi durante l’inno statunitense, non abbia nominato colui dal quale tutto è partito, ovvero Colin Kaepernick.
“Un uomo intelligente sta guidando la NFL” – dice Popovich rivolgendosi a Goodell – “Eppure non ha capito la differenza tra la bandiera e quello che rende grande questo paese, ovvero tutte le persone che hanno combattuto per garantire a Colin Kaepernick il diritto di inginocchiarsi e chiedere giustizia. La bandiera è irrilevante ed è solo un simbolo a cui la gente si attacca per motivi politici. Goodell si è fatto intimidire quando Trump ha detto la sua sulla questione dell’inginocchiamento, e l’ha data su“.
Il coach 71enne sottolinea quindi l’ipocrisia di non pochi proprietari di franchigie NFL, i quali da un lato hanno sostenuto economicamente l’Inaugural Committee di Trump, mentre dall’alto hanno dichiarato di essere dalla parte del movimento Black Lives Matter. “Le loro azioni non hanno senso, sono ipocriti ed incongruenti, indifendibili. Le persone non sono cieche. Come potranno andare dai loro staff e dai loro giocatori a parlare di ingiustizie e democrazia, o di come si protesta? Davvero non capisco“.
Last but not least, Popovich riflette sul suo ruolo di coach bianco, chiamato a guidare un gruppo di persone in larga parte di colore: “Bisogna guadagnarsi la loro fiducia, essere genuini e capire la loro situazione, dove sono cresciuti. Magari c’è un ragazzo nero che viene da una prep school (scuola privata, ndr); un altro, invece, ha visto il suo primo omicidio quando aveva sette anni. Ci sono situazioni che ti portano le lacrime agli occhi“.
“Quello che è successo mi ha fatto pensare” – conclude Pop – “Sono davvero un fottuto privilegiato e ancora non capisco quanto penso di capire. Bisogna lavorare di più, essere più consapevoli, spinti e sentirsi in imbarazzo. Bisogna dire le cose come stanno“.