LITTLE EUROPE - Boris Diaw, il principe di Senegal che ha incantato il Texas
Definire Boris Diaw un semplice giocatore sarebbe riduttivo, sarebbe come definirlo una persona normale. Ma Boris Babacar Diaw Riffiod, figlio di Elisabeth Riffiod, una delle giocatrici migliori della storia del basket francese, è un personaggio che cammina sul sottile filo tra il genio e la follia: fortunatamente la prima ha avuto la meglio.
Nato a Cormeilles-en-Parisis il 16 Aprile 1982 dalla già citata signora e da papà Issà, atleta di salto in alto, è stato notato da Bordeaux, dove è cresciuto prima di approdare al Centre federal, contesto in cui ha conosciuto un altro francese baciato dal talento, tale Tony Parker. Nel 2000 decide di approdare al Pau-Orthez, ottimo ambiente per un prospetto come lui, in un mix tra esperti e giovani (in cui erano presenti anche i fratelli Pietrus) in cui, trascinati da Jerry McCullogh e Gheorghe Muresan, al primo colpo arriva la vittoria del campionato. Nei due successivi anni, in cui il nostro Boris sviluppa il suo gioco in maniera diversa rispetto a quella attuale, Diaw combina numeri discreti ma non davvero convincenti per gli scout NBA che, nonostante il premio di miglior francese del campionato, non lo sceglieranno nelle prime posizioni del Draft 2003.
In uno dei Draft potenzialmente migliori di sempre, Diaw è scelto alla posizione 21 dagli Atlanta Hawks, dove alterna una ottima stagione da rookie ad un campionato davvero mediocre, complice il cambio di allenatore tra Terry Stotts e Mike Woodson. Ma nell’incredibile mondo firmato NBA anche le grandi sfortune possono svoltare una carriera; così, il giovane Boris arriva a Phoenix, in cui il suo Q.I. cestistico si combina alla perfezione con il coach Mike D’Antoni e con un gruppo giovane guidato da un playmaker canadese appassionato di calcio, tra l’altro due volte MVP in quei due anni: inutile scrivervi il nome. Nel 2005-2006, prima stagione ai Suns, combina le cifre migliori della sua carriera, guadagnandosi il premio di Most Improved Player, con percentuali davvero positive (52,5 dal campo). Neanche a farlo apposta, in questi anni la bestia nera dei Suns sono i San Antonio Spurs, che sbarrano la strada, anche tra le polemiche (famoso lo scontro che costrinse Nash alla panchina forzata in un decisivo incontro di play-off), tra Phoenix e le desiderate finale NBA. Nel 2008 ecco il passaggio ai Bobcats.
Ecco, per i cultori della professionalità e dell’essere atleta gli anni di Charlotte di Diaw non eccellono: il contesto non stimola il francese, tralasciando la prima stagione in cui Larry Brown porta la squadra ai play-off, finendo sconfitti al primo turno dai finalisti Magic. Il cambio di allenatore da Brown a Silas, le frequenti voci di mercato, la squadra senza identità portano Diaw a due stagioni pessime. La situazione degenera e ci sono due eventi simbolo del manifesto ideologico di capitan Babak: durante un match contro i Pacers, non fa partire un tiro nei 24 minuti in cui è in campo; durante questo match, tenta un incredibile passaggio dietro la testa, intercettato e convertito in contropiede.
C’è bisogno di cambiare aria; ma nel settembre 2011 c’è il lockout NBA. Ed il nostro Boris, che nelle sue estati prive di presenze in nazionale decide di lasciarsi andare tra vino e specialità culinarie, decide di giocare alcuni match con il Bordeaux. Come avrà convinto il presidente? Semplice, è lui il presidente! Dopo il lockout, Diaw ritorna a giocare a Charlotte: il rapporto con Silas non è dei migliori, infatti finisce fuori squadra e rescinde il suo contratto.
Nei momenti di difficoltà sono gli amici a darti una mano. Avrà pensato questo Diaw quando è arrivata la chiamata dei San Antonio Spurs, dove nei giorni precedenti Toni Parker ha convinto il buon Gregg Popovich sulla compatibilità di Boris nel sistema Spurs. Ed infatti, dopo la sconfitta in 6 gare nella finale di Conference vs OKC nel 2012 e la rocambolesca serie finale vs Miami del 2013, è nell’ultima stagione, culminata con l’agognato titolo, che Diaw mostra davvero al mondo le sue qualità: partito ad inizio carriera come un ottimo atleta, ha dominato momenti delle Finals 2014 grazie ad una intelligenza sopraffina, che lo rende adatto a giocare in tutti i ruoli, ad essere pericoloso in tutte le zone del campo ed ad innescare i compagni in maniera efficace e talvolta spettacolare. Emblematica la dichiarazione di un suo ex compagno, Raja Bell: “Quando penso a Boris, penso a Pippen o Magic”.
Nell’estate 2013, dopo la beffa delle Finals, per 3D e Toni Parker arriva un altro appuntamento importante: gli Europei in Slovenia. La storia di Diaw con la nazionale è dettata da una presenza costante, simboleggiata anche dal ruolo di capitano; ma non arriva mai un successo. Facciamo un riepilogo: per quanto riguarda gli Europei, quarti a Svezia 2003 (dovremmo ricordarcelo bene), ottavi a Spagna 2007, quinti a Polonia 2009 e secondi a Lituania 2011; ai Mondiali, quinti in Giappone nel 2006 e tredicesimi in Turchia quattro anni dopo. Il 2013 diventa dunque l’anno della consacrazione di un gruppo considerato perdente, che vince l’oro europeo in Slovenia. Ma il vero capolavoro firmato Diaw arriva ai mondiali di Spagna, dove trascina un gruppo giovane e con poche stelle ad un insperato bronzo, in cui spicca la vittoria nei quarti contro gli imbattuti padroni di casa.
Nel 2010 ha creato il suo marchio di abbigliamento chiamato UKIND, donando parte dei ricavi alla sua associazione chiamata “Babac’Ards”, con cui costruisce campi da basket in Senegal e cura progetti di sviluppo per la capitale Dakar e per tutto il paese. Ha anche acquistato un hotel di lusso a Pau ed ha lanciato con l’amico Turiaf una catena di ristoranti in Francia.
Ma per capire fino in fondo l’uomo Diaw e la sua generosità, è necessario raccontare che per Natale del 2013 ha regalato a giocatori e staff della nazionale un lussuoso orologio per festeggiare la vittoria agli europei.
Signore e signori, Boris Diaw.