La notte in cui Wiggins ha tenuto testa a LeBron James
A pensare che avrebbero potuto giocare assieme vengono i brividi. Soprattutto dopo la gara di stanotte. Perché se per LeBron James il trentello (36 nel caso di specie) è un fatto di prammatica, il career high di Andrew Wiggins (33 punti, 11/21 al tiro, 3/4 da tre) segna l’ennesima tappa nella crescita esponenziale del nostro canadese preferito. Alla fine a vincere è stato il figlio di Akron che, però, ha dovuto tirar fuori il meglio dalla personale borsa dei trucchi per mettere a nanna il ragazzino. Oddio, a nanna proprio no; perché non sempre Wiggins si troverà di fronte LeBron James e, in quel caso, povero chi dovrà cercare di limitarlo (fermare”, da stanotte, è diventato concetto quantomai aleatorio).
La sicurezza, a tratti l’arroganza, con cui Andrew ha fronteggiato il più forte e completo giocatore del mondo ha lasciato basiti. Non ha tremato la mano nei non rari momenti in cui il 22 si è trovato davanti il 23. E lo “split” con cui, a un certo punto, si è bevuto in un colpo solo LeBron e Irving è coinciso, probabilmente, al superamento del “battesimo del fuoco”. Perché fare i fenomeni in una squadra “piccola” con campo e minuti a disposizione è relativamente semplice (sebbene le doti di cui madre natura ti ha fatto dono devono comunque esserci): farlo quando si affronta l’Avversario di riferimento è il segnale che nessun limite è precluso.
Steve Nash (altro canadese, toh) soleva dire che il valore di un giocatore è dato da chi lo marca. In tal caso di Andrew Wiggins continueremo a sentir parlare a lungo. Almeno per una decade buona.