Cleveland Monstars
Le situazioni fantastiche e neanche lontanamente accostabili alla realtà così come la intendiamo al giorno d’oggi sono quelle che fanno sognare i bambini, quelle che hanno caratterizzato l’infanzia di chiunque abbia la malattia della palla a spicchi. Un tratto comune a tutti questi privilegiati è la consumata pellicola di Joe Pytka dal nome Space Jam, un film di animazione che abbiamo tutti noi divorato almeno un centinaio di volte. La trama, le animazioni stesse, la presenza di Michael Jeffrey Jordan hanno reso il film immortale, adatto a qualsiasi tipo di audience. La parte clou del film del 1996 è sicuramente lo scontro finale tra le due squadre, quella dei Looney Tunes e quella proveniente da Moron Mountain, ovvero sia i Monstars.
Il talento a disposizione dei Monstars appartiene a 5 giocatori NBA, quali Charles Barkley, Patrick Ewing, Muggsy Bogues, Larry Johnson e Shawn Bradley. Il primo tempo è praticamente a senso unico, con i Monstars che schiacciano fisicamente i Looney Tunes – Jordan compreso – e fanno impazzire il tabellone luminoso della Warner Bros. Arena che dopo la prima fase di gara segna 18 sotto la voce Home e “Kinda one-sided, isn’t it?” sotto la voce Guest. Quel “Non c’è partita, che ne dite?” resta nella nostra mente ogniqualvolta vediamo il punteggio a favore degli avversari e stiamo per entrare nel tunnel dello spogliatoio per l’intervallo. Il prosieguo della gara lo conoscete tutti e non è il caso di soffermarsi nello specifico: Jordan prova a motivare i suoi, Buggs Bunny crea la pozione che rinvigorisce i suoi compagni di squadra, arriva il break dei Looney Tunes e la partita è di nuovo sui binari dell’equilibrio. Di recente deve essere successa una cosa del genere non lontano dal Lago Erie: non c’era la Warner Bros. Arena ma c’era la Quicken Loans Arena; non c’era un “Kinda one-sided, isn’t it?” a 18 all’intervallo ma un 50-66 a favore dei padroni di casa; non c’erano i Looney Tunes e i Monstars ma i Boston Celtics e i Cleveland Cavaliers.
Non è la prima volta – e non sarà l’ultima – che vediamo accostati i Cleveland Cavaliers con i Monstars. Aveva sussurrato qualcosa di molto simile, in senso opposto, Isaiah Thomas dopo la prima sconfitta al TD Garden di Boston: “Mi fido di questi ragazzi, credo in questi ragazzi e non abbiamo paura di Cleveland. Non sono i Monstars e non siamo in Space Jam” aveva detto IT alla vigilia di una sconfitta che passerà alla storia. Dovrà ricredersi subito dopo G2, quando quelli che non voleva in nessun modo definire come “alieni” rifilano alla sua squadra ben 44 punti di scarto. I Cavs, quindi, sono realmente degli alieni? Sono davvero i Monstars del malvagio Mr. Swackhammer? Gli indizi e le ipotesi sembrano portare verso una direzione che non fa felice il piccolo grande uomo da Tacoma, perché la risposta ad oggi potrebbe essere positiva. Il nostro paragone, sia chiaro, non vuole mettere fin cattiva luce i Cavs e né tantomeno prendiamo le difese dei Celtics, sotto 2-1 nelle Eastern Conference Finals. Lo scontro tra Davide e Golia vuole i Cavaliers nel ruolo di detrattori, di “malvagi” e del superiore Golia, mentre i Celtics, dall’alto del loro orgoglio, appaiono più come un Davide che deve inventarsi qualcosa per fermare i più forti.
Ritornando alla domanda formulata in precedenza, proviamo ad analizzare i personaggi, paragonandoli in un certo qual modo agli attuali componenti dello starting five dei campioni NBA in carica – anche perché i veri Monstars non avevano delle riserve in panchina. Il paragone con i Nerdlucks – secondo nome degli alieni da Moron Mountain – non è poi così assurdo a pensarci bene: la forza che i sottoposti di Mr. Swackhammer dimostrano di avere nel primo tempo è sinistramente simile a quella messa in campo dai Cavs nel corso delle prime due gare giocate a Boston e soprattutto durante il primo tempo di G3. Andiamo, quindi, ad analizzare giocatore per giocatore le varie similitudini:
1. LeBron James, aka Bupkus
La descrizione del giocatore recita più o meno così: “È il giocherellone del gruppo; di colore viola, ha un carattere allegro ma anche ingenuo. Quando ruba il talento di Larry Johnson, diventa un Monstar molto arrogante e sfrenato con un ciuffo viola scuro“. LeBron non avrà il ciuffo, non sarà così arrogante come Bupkus ma i tratti in comune sono altri. la forza che dimostra di avere il Monstars con il numero #0 sulla maglia è devastante, quasi inarrestabile. Singolare il modo di fermarlo dei Looney Tunes: si organizza un esplosivo da piazzare in area e sul canestro che è pronto a far saltare in area chiunque si avvicini. Anche i Celtics hanno architettato qualcosa di molto simile: visto che James ha letteralmente fatto saltare col tritolo il pitturato del TD Garden, facendo malissimo a Boston con le incursioni al ferro, i bianco-verdi hanno deciso di riempire l’area (di uomini, non di esplosivo) per impedire a LeBron di finire al ferro con eccessiva facilità. Il piano sembra essere riuscito alla grande, perché le cifre di LBJ sono decisamente modeste rispetto al fatturato messo a segno lontano dall’Ohio. Gli 11 punti realizzati con soli 13 tiri dal campo fanno capire come Stevens abbia preso le mosse da Sam e Taddeo, in versione Vincent Vega e Jules Winnfield di Pulp Fiction, per trovare una efficace contromisura alla forza di LeBron Raymone James – o Bupkus se preferite.
2. Kevin Love, aka Bang
La scheda del giocatore dice: “È il viceleader del gruppo; di colore verde, dal carattere nervoso e irritabile (da come si capisce anche dal nome). Quando ruba il talento di Patrick Ewing, diventa un Monstar con fattezze e caratteristiche simili a quelle di un drago (ad esempio possiede scaglie e ha la capacità di sputare fuoco), con un grosso mento prominente, una capigliatura rosso arancio tagliata a spazzola e dal temperamento duro e inflessibile“. Per certi versi è più verosimile di quella prestata a James. Kevin Love non avrà le “fattezze” di Ewing ma risponde perfettamente al carattere nervoso e irritabile, specie quando non riesce ad entrare subito in ritmo. Viceversa, è effettivamente un drago quando la sua mano diventa rovente fin dalle prime battute del match. In questi primi 3 episodi il livello di gioco di Love è altissimo, con un 17/31 (54.8%) dall’arco che ha terribilmente annichilito anche una difesa così pronta sul perimetro come quella dei Boston Celtics. È finora il rebus più complicato da sciogliere per i Celtics che dovranno provare a limitare il suo gioco con i piedi dietro l’arco se vogliono abbassare le percentuali dell’ex T’Wolves. A proposito di Minnesota, la “Timberwolves form” che tanto cercava coach Tyronn Lue ad inizio PO in Love sembra essere decisamente attivata. Jerebko è stato un antidoto positivo in G3. Rivedremo la stessa strategia anche stanotte, nella quarta partita di una serie che si è riaperta? Staremo a vedere.
3. JR Smith, aka Pound
“È il leader del gruppo; di colore arancione, nonché il più grosso per peso (come dice il suo nome)” leggiamo nel suo report. “Si comporta in modo autoritario. Quando ruba il talento di Charles Barkley, diventa un grosso Monstar calvo che si diverte a fare il bullo con tutti” concludono gli esperti. JR Smith non avrà il peso di Pound ma la mente e il killer instinct di Sir Charles Barkley probabilmente sì: la sua tripla che manda la partita sul 106 pari in G3 è tanta roba, anche se poi combina un bel pasticcio in difesa in coppia con Iman Shumpert. Il suo atteggiamento da “bullo” lo si denota subito dopo i suoi canestri, quando guarda con aria di sfida il pubblico e lo incita a dare qualcosa in più. Il suo utilizzo in questi PO è molto diverso rispetto a quello dello scorso anno, dove veniva utilizzato come tiratore puro e come arma in più sugli scarichi di LeBron e Kyrie. Quest’anno, invece, il numero di tiri di JR Swish sono diminuiti: nei primi due atti della serie, infatti, tira solo 7 volte in 49 minuti di impiego, un numero che non ci saremmo mai aspettati di vedere da un folle giocatore come Smith, così maledettamente amante del “tiro ignorante”. Eppure il 9/14 con cui sta tirando in questa serie fa di lui ancora un’arma affidabile, soprattutto nella metà campo avversaria. Difensivamente, invece, i miglioramenti sono notevoli ma l’affidabilità è ancora una nemica piuttosto evidente dell’ex giocatore dei New York Knicks.
4. Kyrie Irving, aka Nawt
“È il più piccolo ma anche il più intelligente del gruppo; di colore rosso. Quando ruba il talento di Muggsy Bogues, diventa un Monstar calvo di statura piuttosto piccola e atletica ma con formidabile velocità e con la capacità di palleggiare con entrambe le mani (dovuto ovviamente al talento di Bogues)“. La descrizione sembra appartenere proprio a Kyrie Irving, probabilmente il miglior ball-handler che la NBA abbia a disposizione in questo momento. La sua abilità di non perdere ritmo ma, anzi, di crearsi del ritmo dal palleggio lo rende quasi inarrestabile e se anche Avery Bradley, un magnifico difensore sulla palla, ha avuto problemi in G1 e G2 ha avuto problemi, un motivo deve esserci. L’utilizzo di entrambe le mani, la capacità di trovare degli angoli offerti dal cristallo anche lontani dal quadrato di quello che gli americani inquadrano come “bank” e la velocità di esecuzione fanno del Nawt in versione Cavaliers un problema di difficile risoluzione. All’interno di questa serie – e più in generale di questi PO – non si è ancora vista la massima espressione di Irving e le 2-3 forzature e “unforced errors” che fa registrare ogni sera ne sono la massima espressione. La minor lucidità è dovuta anche ad un aspetto difensivo che Kyrie deve aggiungere al suo repertorio: la difesa su Thomas in G1 e G2 è stato tutto sommata di buon livello ma se ciò comporta un inevitabile calo in fase offensiva, coach Lue deve mettere sui piatti della bilancia le due componenti del gioco e vedere da che parte pende quella più utile alla squadra.
5. Tristan Thompson, aka Blanko
Sotto la voce Blanko troviamo: “È il più alto nonché il più stupido del gruppo; di colore blu. Quando ruba il talento di Shawn Bradley, diventa un Monstar molto alto e snello dai capelli blu scuro, con un dente sporgente e dal carattere amichevole e tranquillo a differenza dei suoi compagni una volta che sono diventati Monstars“. È probabilmente la descrizione meno azzeccata per concludere il nostro quintetto ma Blanko, per esclusione, doveva essere accostato a TT, decisamente l’uomo in più per questa serie per i Cleveland Cavaliers. La grinta e la determinazione che Tristan Thompson sta mettendo per avere la meglio su un frontcourt avversario tutt’altro che irresistibile vi dice di quanto negli anni sia migliorato il #13 dei Cavs: 15 punti di media, 8 rimbalzi a sera e un sorprendere 19/26 (73%) dalla linea della carità per quello che a tutti gli effetti possiamo definire il giocatore più costante dei campioni in carica. A differenza di Blanko non è stupido e, anzi, sa sfruttare ogni pallone e ogni spazio come meglio non si può. Considerando la base di partenza, Tristan Thompson è un prodotto che i Cavs hanno costruito con sacrificio e fiducia (oltre che con un bel po’ di soldi che gli passano). Anche se le sue prestazioni vanno contestualizzate, come detto, con un pacchetto lunghi Celtics non all’altezza dell’intensità solita a cui gioca il canadese, l’impatto di Thompson su questa serie è davvero incredibile. Questo è un altro aspetto che non lo accomuna a Blanko: se controlliamo il box score ad inizio articolo vediamo tanti zeri nella partita del lungo dei Monstars, cosa che invece non ritroviamo nei referti in cui compare Tristan Thompson. Può continuare ad essere l’arma in più di questi Cavaliers da qui alla fine della serie?
Stando a queste fantasiose – ma non troppo – similitudini, i Monstars assomigliano solo lontanamente ai titolari dei Cleveland Cavs. Qualche dato in pi, però, può aiutarci a capire meglio il motivo che ci ha spinto ad andare in direzione opposta rispetto alle parole di Isaiah Thomas. Il primo tempo di G3 è stato molto simile a quello giocato dai Nerdlucks nella “Ultimate Game” di Space Jam: dominio sul perimetro, totale controllo dei rimbalzi e partita ampiamente sotto controllo. Abbiamo la sicurezza – solo perché ci hanno spiegato che il film di Pytka è finzione – che Stevens o uno dei giocatori dei Celtics non hanno creato quella che Bugs Bunny spacciava per “Michael’s secret stuff” ma qualcosa deve essere successo. Sicuramente #ItsNotLuck come da qualche settimana si dice in quel di Boston: it’s heart, it’s fight, it’s pride, questo sicuramente si. Fatto sta che i Cleveland Cavaliers danno un’ulteriore conferma di quanto assomigliano realmente ai Monstars, facendosi prima recuperare e poi battere sulla sirena – con un tentativo di difesa sull’ultimo possesso meno attento di quello degli avversari dei Looney Tunes. Qualora fosse servita una riprova reale, dunque, ecco che il tiro di Bradley si trasforma nel braccio di MJ che si allunga fino a schiacciare i due punti (perché non 3 se stacca da centrocampo?) che valgono la vittoria dei padroni di casa con conseguente restituzione del talento ai poveri giocatori NBA esclusi dal mondo.
I Monstars, quindi, possono essere battuti solo da loro stessi, esattamente come capita ai Cleveland Cavaliers nella loro conference di riferimento. Solo Cleveland può battere Cleveland. Riusciranno i Looney Tunes – o i Boston Celtics se preferite – ad avere la meglio sui forti avversari per una seconda volta? La risposta arriverà solo dopo una gara 4 che dividerà, comunque andrà a finire. Del resto, se la chiamano Pivotal Game deve esserci un motivo.