Da speranza a solida realtà: la metamorfosi dei Jazz
Saremo sicuramente lontani dai tempi dello “Stockton-to-Malone“, che dominava la Western Conference andando a sfidare nelle Finals i Bulls di “His Airness“. Ma se dovessimo indicare una squadra in questa prima metà di regular season, al di fuori delle solite, capace di far esaltare i propri tifosi, la nostra scelta ricadrebbe sicuramente sugli Utah Jazz. Dopo alcuni anni di rodaggio e di promesse (parzialmente mantenute), la squadra allenata da Quin Snyder sembra finalmente pronta a prendersi il suo spazio nel Wild West, approdando ai Playoff dopo 5 stagioni di assenza.
I numeri non diranno tutto, ma nel caso della squadra di Salt Lake City sono molto indicativi. La vittoria sudata di stanotte a Dallas, 112-107 dopo un overtime, è valsa ai Jazz la 28.esima vittoria su 44 partite stagionali, con un 63.6% di successi che li piazzano al 5° posto nella classifica della Western Conference (7° record generale). Per capirci, la 4° posizione dei Clippers, l’ultima ad assicurare in postseason il vantaggio del fattore campo, dista appena una partita.
Prima di infiltrarci nelle varie stats che riguardano i Jazz, andiamo a capire come si è sviluppato finora il cammino di questa squadra. Il buongiorno, potremmo dire, si vede dal mattino, visto che Utah comincia in maniera positiva, con 7 vittorie nelle prime 11; seguono 4 sconfitte in fila, alle quali i ragazzi di Snyder reagiscono alla grande, inanellando 11 vittorie nelle successive 13, con scalpi importanti come Rockets, Thunder e Grizzlies. Dopo altre tre sconfitte, Utah scavalla il nuovo anno con un record di 5-3, infilando infine l’attuale striscia positiva di 6 vittorie consecutive, inaugurata dal prestigioso successo con i Cavs.
Ma qual’è il segreto di questi Jazz? Come detto in apertura, Hayward e compagni erano segnalati da qualche stagione come una squadra sempre in procinto di esplodere, alla quale, però, mancava sempre quel quid per fare il salto di qualità. Dopo il punto più basso dell’ultimo decennio (il 25-57 del 2013-14), il front-office affida la squadra a Quin Snyder, con il compito di far maturare un gruppo, formato da molti giovani promettenti, guidati da Gordon Hayward. Il record migliora (38-44 nel 2014-15, 40-42 lo scorso anno), ma la postseason resta un miraggio.
Quest’anno il discorso è diverso e i primi mattoni vengono piazzati già con il mercato in offseason. A rinforzare in maniera pesante la panchina arrivano Joe Johnson e Boris Diaw; il tassello più importante, però, arriva dai Pacers, ovvero George Hill. Il 30enne nativo di Indianapolis, pur giocando finora solo 20 partite, sta vivendo la sua migliore stagione dal punto di vista realizzativo (17.9 punti ad allacciata di scarpe), leader di squadra negli assist (4.1), aggiungendo qualità sia difensivamente che offensivamente, contribuendo a variare le soluzioni offensive a disposizione della squadra, oltre a dare l’opportunità ad Exum di crescere con maggiore tranquillità.
A consolidare in maniera decisiva la crescita dei Jazz, comunque, stanno contribuendo due giocatori su tutti. Innanzitutto, Gordon Hayward, la stella “normale” della squadra, al suo career-high sia come punti che come rimbalzi (rispettivamente 22.1 (46.1% dal campo) e 5.8 ad allacciata di scarpe), sempre più una garanzia dalle parti della città dei Mormoni. Quindi, ovviamente, Rudy Gobert. Il gigante francese sta man mano assurgendo a quella dimensione che in molti gli avevano pronosticato, ovvero come uno dei migliori centri della Lega. Il 24enne transalpino sta progredendo praticamente sotto tutti i punti di vista (assist esclusi), ritoccando i suoi career-high: punti (12.8), rimbalzi (12.8), stoppate (2.5), palloni recuperati (0.8), percentuali dal campo (66.4%) e dalla lunetta (65.5%), oltre che nel minutaggio (33.6). Gobert costituisce la solida colonna portante di una squadra che, se da un lato continua a manifestare una certa difficoltà nel trovare la via del canestro (27° con 99.5), dall’altro compensa con un’efficacia difensiva straordinaria, che ne fa la miglior squadra della NBA per punti concessi (95.2).
Senza dimenticare l’apporto di altri giovani importanti come Rodney Hood, terzo violino della squadra (14.0), o Derrick Favors (9.0 punti e 5.9 rimbalzi di media), o di elementi che danno qualità alla second unit, pensiamo a Trey Lyles, Shelvin Mack (entrambi 8.1 punti ad allacciata di scarpe) e Joe Ingles, i Jazz sono diventati una delle squadre più interessanti della Lega. Se sapranno proseguire sul solco tracciato finora, oltre a poter andare all’assalto di un fattore campo che avrebbe quasi del clamoroso, i ragazzi di coach Snyder si candidano ad essere uno di quegli avversari che non vorresti mai trovarti di fronte nei Playoff.