Sky is the limit but skyline is my horizon: la stagione dei Cavs parte dalle motivazioni
Prendiamo solo in prestito una rima di Victor, autore di “I’m a Renegade”, per cercare di inquadrare una stagione, quella dei Cavaliers, che si preannuncia più che intrigante. Continuare a citare il motto “Ripetersi è difficile, quasi più di vincere” non è il modo giusto per approcciare alla nuova missione dei campioni in carica. Le motivazioni sono la base dalla quale partire e l’errore più grande che possono commettere James&Co. sarebbe quello di voltarsi indietro e cullarsi su quanto di straordinario fatto lo scorso anno. C’è bisogno che coach Lue inculchi nella mente articolata della sua squadra una nuova ideologia, una nuova cultura. Il compito è arduo? Sì, proprio come la missione che James ha raggiunto lo scorso anno. Sky is the limit, questo è vero, ma skyline is my horizon, nulla è irraggiungibile.
COME L’ABBIAMO LASCIATA – Scegliere un’istantanea da dove ripartire è veramente complesso. Ci sono le lacrime di JR Smith, c’è il tiro di Kyrie Irving, c’è il bagno di folla per le strade di Cleveland, c’è l’urlo del Re che dedica la vittoria alla sua città, quella che lo ha aiutato ad essere quello che è oggi. C’è anche coach Lue in canotta, stile operaio, ma meglio passarci su. L’abbiamo lasciata vincente, l’abbiamo lasciata nella baldoria più totale di una metropoli che ha perso il senno per più di qualche notte, festeggiando fino ad esaurimento delle forze, perché raggiungere uno storico traguardo e farlo come mai nessuno prima rende duplice la gioia. C’eravamo lasciati anche con l’addio di Jefferson, poi ritrattato, con il probabile addio di Williams, poi confermato, con le voci su JR Smith e su Love, sulle richieste di Dellavedova. Per i Cavaliers è stata un’estate intensa, piena di gioia ma anche piena di lavoro, perché se non crei da subito le basi per qualcosa di grandioso, quel progetto ti risucchierà in un vortice senza uscita.
IL MERCATO ESTIVO – Il mercato estivo è stato caratterizzato dalla lunghissima e contorta trattativa per riportare JR Smith in maglia wine-and-gold, con discreta insistenza del capo dei capi. Solo a training camp inoltrato, l’ex esterno dei Knicks si è unito alla squadra, nonostante avesse sostenuto diverse sedute di allenamento “privato” con James, Irving, Love e Jefferson. La querelle Smith si è conclusa proprio come si concluse quella con Tristan Thompson e l’inserimento di Smith nelle dinamiche dei Cavs non richiederà molto tempo (diverso fu con TT, che si presentò con diversi chili in più). Non solo conferme ma anche tempo di “dolorose” cessioni: è il caso di Matthew Dellavedova, idolo della tifoseria, volato a Milwaukee e ora sotto gli ordini di coach Kidd. In uscita anche Mozgov, con l’occasione della vita (e di un bottino mai visto) ai Lakers. In entrata, invece, la storia si fa più interessante: Mike Dunleavy (interessante vedere il suo approccio con James viste le storie tese in passato) e Chris Andersen sono i nomi più interessanti che completano i buchi lasciati dal russo e dagli esterni che via via sono stati scremati durante la stagione. La posizione di playmaker, però, resta un pizzico scoperta: resta caldo il nome di Chalmers come vice Irving ma al momento pare che la società voglia puntar forte sull’esplosivo Kay Felder. Gli altri innesti sono Liggins, Holmes, Holland, Cory Jefferson, la conferma di McRae ufficialmente passato in prima squadra dalla D-League e Brown. Confermati gli altri effettivi, con Irving in cabina di regia, il pacchetto esterni formato da James, Smith, Shumpert, Dunleavy e Jefferson e con il reparto lunghi formato da Frye, Love, Andersen e Thompson.
L’UOMO FRANCHIGIA – “Dumb question!” avrebbe risposto Michael Jeffrey Jordan. Domanda piuttosto inutile, anche se tutti sappiamo che l’asticella, anche solo per un momento, pendeva dalla parte di Uncle Drew nell’attimo in cui quel pallone brucia la retina dell’Oracle Arena. L’uomo franchigia resta LeBron James, con tanto di motivazione particolare, con quel “Chicago’s Ghost” sempre nel mirino ma mai così dichiaratamente, quasi come se volesse dire “Ora che ho raggiunto il massimo, guardo solo a quello”. Particolare maniera di motivarsi ma, per la sua città e per la sua fama, si fa anche questo. Ieri, oggi e sicuramente anche domani, Cleveland si unisce in un unico grande coro: Believe in LeBron James.
A COSA PUNTARE – Se è vero che “il cielo è il limite” non c’è realmente qualcosa a cui puntare se non il bis, o repeat se preferite. La concorrenza si è notevolmente rinforzata ma ciò non toglie che la bagarre ci sarà comunque, perché, parafrasando l’avvocato, “hai l’impressione che quando un giocatore così comincia a vincere non smetta più”. La stessa EC resta piena di insidie e gestirsi in RS significa arrivare molto carichi ai playoff, il vero starting point dei Cavaliers. La cosa su cui puntare, come detto, oltre i risultati sportivi, sono le motivazioni per una squadra che potrebbe essere satura ma che ha un leader che non conosce freno alla fame di vittoria e ha un leader più silenzioso con il #2 che ha tanta voglia di vincere ancora, e ancora e ancora.
IL PRONOSTICO – Primo posto, 55-27.