Dallas Mavericks, le nuove speranze di Dirk&co
Dove l’abbiamo lasciata – Come avevamo lasciato lo scorso anno i Dallas Mavericks ? L’ultima volta che li abbiamo visti in una gara ufficiale era ad Oklahoma City il 25 aprile 2016 in occasione di Gara 5 del primo round dei playoff, logicamente contro i Thunder.
La sconfitta era stata bruciante: 118-104, spazzati via dal campo da un clamoroso Russell Westbrook da 36 punti, i Mavs non erano riusciti a dare continuità alla vittoria in gara 2 che aveva regalato ai tifosi una serie insperata.
Eh si perché i tifosi non riponevano particolare fiducia in una squadra che aveva fatto un buon cammino in regular season: 42 vinte e 40 perse, ma che non aveva mai infiammato la folla o entusiasmato per il gioco offerto. Insomma la sconfitta contro i Thunder è stata l’opaca conclusione di una stagione senza particolari picchi.
Il mercato estivo – In estate ci sono stati diversi cambiamenti all’interno del roster dei texani: via McGee, Felton, Pachulia, Felton e Villanueva, spazio a Harrison Barnes e Bogut da Golden State, al fratello di Steph, sempre a proposito di Golden State, Seth Curry per allungare il reparto guardie, e un veterano come Quincy Acy. Tra le partenze spicca su tutti però il nome di Chandler Parsons, giocatore su cui Cuban aveva pesantemente investito, non venendo ricompensato, pagato 46 milioni in due anni, tra infortuni e percentuali altalenanti al tiro non ha mai convinto più di tanto.
La guida tecnica non è cambiata: Rick Carlisle infatti sarà per l’ottavo anno di fila il capo allenatore della franchigia, resta insieme all’eccentrico proprietario Marc Cuban e ovviamente a Dirk Nowitzki il volto e l’incarnazione dello spirito Mavs. Con i movimenti di mercato fatti, la prima cosa che balza all’occhio è che probabilmente si vuole cercare di dare più spazio a giocatori affamati come Dwight Powell (1991) ed il tunisino Salah Mejri, non più giovanissimo, classe 1986, ma a caccia del suo primo contratto serio in NBA. Lo stesso Mejri è stato, forse, quello che l’anno scorso è riuscito ad infiammare di più la folla anche grazie al suo carattere particolarmente “fumantino”, con una parabola che ricorda un po’ quella di Whiteside a Miami, considerando che il suo contratto è in scadenza nel 2017.
L’uomo franchigia – Inutile girarci intorno, d’altrocanto se i Mavs hanno il settimo salary cap più alto della lega con oltre 107 milioni di dollari, è perchè c’è lui: il sempreverde Dirk Nowitzki. Dirk è arrivato ai 38 anni, ma Dallas non smette di metterlo al centro del progetto, lui è il volto, l’anima, la coscienza e il cuore dei Mavs e anche se con qualche limite difensivo di troppo rappresenta la guida “spirituale” e sul campo per gli altri Mavericks.
In attacco rimane un fattore: di lunghi con quella mobilità offensiva e quel range di tiro non ce ne sono tanti nella lega, e quelli che ci sono si sono certamente ispirati a lui (vedi Porzingis).
A 38 anni, così come a 20, però, Dirk ha limiti difensivi evidenti quali la poca mobilità laterale e mancanza di esplosività, oltre che un cattivo posizionamento, e proprio per questo poterbbe essere fondamentale accanto a lui l’inserimento di un lungo esperto come Bogut e di uno esplosivo come Mejri, che ha sorpreso tutti per rapidità ed energia nonostante la stazza (2.17m).
Cambiando metà campo, palla in mano sarà fondamentale il lavoro di Deron Williams (nelle scorse stagioni diversi guai alle caviglie per lui) che dovrà essere in grado di creare un vantaggio iniziale per i propri compagni come un Metthews dietro l’arco, e ricordando che magari Harrison Barnes non dovrà fare solo lo specialista difensivo e il giocatore di contorno in attacco, ma avrà molte più occasioni di mettersi in evidenza, e probabilmente il successo o meno di questa stagione dei Mavs passerà soprattutto dalle sue mani come dimostra anche il suo contratto da oltre 94 milioni in 4 anni.
A cosa puntare – A questo punto la domanda più scontata è: ma allora questi Dallas Mavericks sono davvero competitivi?
Beh sembra ovvio che competitivi per il titolo, a meno di clamorose sorprese, non lo siano; potranno essere una franchigia competitiva a ovest, come è stato con continuità negli ultimi anni, e ottenere un posto nei playoff, più probabilmente senza ottenere il fattore campo (quindi tra la 5a e l’8a piazza), a meno di particolari problemi fisici per i giocatori chiave di cui si è discusso in precedenza.
Non possono esserci ambizioni per una squadra senza panchina, e non è il caso di Dallas con Powell e Mejri nel reparto lunghi, Harris, Barea, Justin Anderson e Seth Curry alla sua prima vera esperienza rappresentano alternative non spettacolari ma solide agli uomini del quintetto.
Il pronostico – Sesto/settimo posto con un record appena sopra il 50%.