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La saggezza di Yao Ming, un'immagine olimpica

Avevo 20 anni, e camminavo in giro per il Villaggio Olimpico di Sidney con un paio di compagni di squadra della nazionale cinese, quando torniamo da un souvenir shop che vendeva foto. Questa immagine mostrava l’Australia Stadium durante la cerimonia di apertura dei Giochi del 2000 che c’era stata pochi giorni prima. Il fotografo doveva trovarsi molto in alto per poter fare una foto simile e poter prendere tutto lo stadio.

from 'theplayerstribune.com - 15 Sep 2000:  The athletes gather during the athletes parade at the Opening Ceremony of the Sydney 2000 Olympic Games at the Olympic Stadium in Homebush Bay, Sydney, Australia.  Mandatory Credit: Adam Pretty /Allsport
from ‘theplayerstribune.com – 15 Sep 2000: The athletes gather during the athletes parade at the Opening Ceremony of the Sydney 2000 Olympic Games at the Olympic Stadium in Homebush Bay, Sydney, Australia. Mandatory Credit: Adam Pretty /Allsport

Ora so che state pensando: E quindi? Tutti hanno visto un’immagine come quella. Ma c’era qualcosa in quella foto che mi ha frustrato per molto tempo. Come il pezzo di un puzzle: ero in qualche parte della foto, giù di lì, ma per quanto cercassi non riuscivo a trovarmi. Ho cercato di trovare la nostra squadra. Sapevo che eravamo sulla pista d’atletica e giravamo intorno. Ma non riuscivo a vedere dove fossimo. Ho guardato e riguardato attentamente la foto. Più fissavo e più la foto diventava sfocata. Ero la persona più alta nello stadio ma era come se fossi perduto.

Sydney è stata la mia prima Olimpiade, così ho voluto comprare quel souvenir. Ma il venditore mi chiese 40 dollari australiani. Erano troppo per me.

Ma.. Io sono in questa foto!“, gli dissi.

Lui mosse la mano per dirmi “niente accordo“.

Forse non capì il mio inglese acerbo, oppure forse non voleva venderla a meno di 40 dollari. Ma ricordo di essermene andato pensando che il venditore non pensava che stessi nella fotografia.

Otto anni dopo, il mio paese ha ospitato i giochi, a Pechino. Non ero più un ragazzino. Ero il leader della nostra squadra.
Tre giorni prima della cerimonia di apertura, abbiamo giocato una partita amichevole contro la Russia. Andrei Kirilenko giocava per loro quell’anno. Facemmo una gara pessima.
Dopo la partita, Donnie Nelson, il general manager dei Mavericks assieme ad un consulente capo della nazione cinese, è venuto nel nostro spogliatoio, indignato.
“Se andrete a giocare così ragazzi, forse non dovreste partecipare alle nostre Olimpiadi!”, disse.

Eravamo molto imbarazzati. Era tre giorni prima della cerimonia d’apertura cinque giorni prima del nostro debutto. Avremmo giocato di fronte al nostro paese e sapevamo di non poter fare un’altra partita come quella.
Sapevo che avevamo bisogno di fare qualcosa per tirare su tutti noi. Ho convocato un pranzo di squadra e trovato un golf club che era abbastanza grande da ospitare l’intero roster.
Un’ala di nome Ding Jinhui fu escluso dal team olimpico. Avrebbe potuto giocare poi ai giochi di Londra quattro anni dopo, ma sapevo che saltare i Giochi nel proprio paese era una cosa molto dura da accettare per lui. Ho fatto in modo che partecipasse anche lui.
Pechino è stata la mia terza Olimpiade, e se c’era una lezione che avevo imparato nel tempo era questa: per ogni posto nel roster, ci sono dozzine di atleti (e più) che vogliono avere una possibilità.
Quell’anno sarebbe stato il mio ultimo viaggio alle Olimpiadi.

A pranzo, invece che parlare di basket o qualcos’altro, il mio vice capitano Li Nan ed io abbiamo fatto un brindisi a Ding e a tutti coloro che non avrebbero fatto parte della squadra olimpica. Ho detto, “Non dobbiamo giocare solo per noi stessi, ma anche per i ragazzi che non faranno parte della squadra. Tutti hanno lavorato duro durante i campionati e l’estate per poter fare la differenza”.
Quel pranzo è stato un inizio per noi, ma la cerimonia d’apertura fu quella che veramente cambiò le cose.
Eravamo così fieri che i Giochi finalmente si svolgessero in Cina. Fu un enorme successo per il nostro paese. Appena entrati nel Nido d’Uccello per la cerimonia, siamo stati travolti dal canto e dal tifo. Non avevo mai visto così tante bandiere cinesi agitarsi tutte insieme. Abbiamo trovato la forza in quegli applausi. Dopo quella notte mi sentivo di poter conquistare il mondo.
La nostra prima partita fu contro gli Stati Uniti, ed eravamo una squadra completamente diversa rispetto a quella che aveva affrontato la Russia. Nel primo tempo fu una partita punto a punto contro la miglior squadra del mondo. Ognuno cercava di fare qualcosa in più per aiutare la squadra.
Perdemmo 101-70, ma dopo la partita, un giocatore americano, penso fosse Michael Redd ma non sono abbastanza sicuro poiché ero comunque eccitato, venne vicino e si congratulò.
“Grazie per aver lottato”, mi disse.
In quel momento, ricordo che quando disse “YOU” si rivolgesse non solo a me individualmente. Sentii come se, parlando attraverso me, si rivolgesse all’intera nazione. Perdemmo quella partita, ma sentii che acquistammo rispetto dal nostro avversario.
E’ stata una delle migliori sensazioni che abbia mai avuto. Credo che il valore di un atleta venga fuori dall’avversario. Ciò che intendo è, il nostro valore sarà solo il più alto quando i nostri avversari giocano il loro meglio. Ecco che qui viene fuori il rispetto. Non quando hai paura o disprezzi il tuo avversario, ma quando cerchi il meglio in te stesso.

Pechino è stato un incredibile momento di orgoglio per me e per il mio paese, ma ogni volta che qualcuno parla dei Giochi, la mia mente ritornerà sempre all’immagine di Sydney.

Sono un fan dell’astronomia. Quando guardo quella foto, tutti quegli atleti, mi ricorda me in una galassia. Prima del mio primo viaggio alle Olimpiadi del 2000, ero soltanto focalizzato su me stesso, la mia famiglia e la mia squadra. Il mio cerchio era quello. All’età di 20 anni, ho guardato la foto e ho voluto soltanto cercare me stesso nella galassia. Tutti questi anni dopo, vedo un cerchio differente, molto più grande del primo, di cui tutti facciamo parte. Anche alla mia altezza, sono della stessa taglia di chiunque altro in quella foto. Ho realizzato di quanto sono piccolo, di quanto tutti noi siamo piccoli.
Può essere ingenuo pensare che un evento di sport globale per un mese ogni quattro anni possa risolvere i problemi del mondo. Ma un cambiamento nel modo in cui percepiamo l’un l’altro, le cose, come la fotografia aerea di uno stadio, è un buon inizio.

YAO MING

About The Author

Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone