Grandi scarti e troppe polemiche: the Dark Side of the NBA Playoffs
“Grandi scarti, grandi polemiche”: questo potrebbe essere un commento estremamente riassuntivo delle Finals (e dei Playoff) 2016, escludendo la leggendaria gara-7 (che in parte ha riscattato, appunto, le prime 6 gare). I Cleveland Cavaliers sono riusciti a portare a casa il titolo dopo essere finiti nel baratro dello svantaggio del 3-1 nella serie, cosa che non accadeva dallo spettacolare titolo dei Miami Heat 2006 targati Dwayne Wade e Shaquille O’Neal.
La postseason di quest’anno ci ha regalato anche un’altra rimonta dall’1-3, compiuta dai Golden State Warriors nella finale della Western Conference. Eppure questi playoff sono stati definiti da molti tra i meno emozionanti degli ultimi anni: a dar conto a questa tesi ci sono soprattutto il fattore campo quasi mai violato e i grandi scarti con cui quasi ogni partita si è conclusa. Delle 86 partite giocate nei Playoff 2016 solamente 28 si sono concluse con uno scarto inferiore ai 10 punti; il dato più clamoroso arriva dalle Finals, dove su 7 partite solamente l’ultima, quella che assegnava il titolo, si è conclusa con una vittoria inferiore alle 10 lunghezze.
Analizzando il secondo aspetto che ha reso meno godibili questi playoff, le polemiche arbitrali, c’è una premessa d’obbligo da fare: la National Basketball Association ha interesse economico affinché ogni partita si svolga nella regolarità più assoluta, perché rendere un prodotto credibile è l’aspetto più importante per poterlo vendere a più gente possibile (concetto che qui da noi in Europa fa ancora molta fatica ad essere assimilato). Questa breve e molto approssimativa premessa di natura economica serve a spiegare che la NBA non ha interesse a favorire una particolare squadra squalificando questo o quel giocatore, perché finirebbe per perdere definitivamente tutti coloro che si sentirebbero sportivamente traditi dalla credibilità della lega. Il “caso Draymond Green” ha infiammato questi playoff, in particolare le finali: dalla decisione di dichiarare involontario il calcio del #23 Warriors ai danni di Steven Adams ha fatto si che un flagrant molto meno duro ai danni di LeBron James abbia fatto scattare la squalifica dell’ex Michigan State, giudicata da molti eccessiva.
Da questa situazione si possono trarre due conclusioni: 1) possiamo giudicare le norme NBA (in questo caso sulle squalifiche per somma di flagrant) giuste o sbagliate, ma se ci sono bisogna accettarle così come sono, anche se le conseguenze non ci piacciono; 2) le diverse polemiche generate dalle decisioni di Silver e soci in questa postseason potrebbero convincere i vertici della lega ad avere un atteggiamento meno pressante nei confronti delle sanzioni, soprattutto per i gesti non sanzionati dagli arbitri che vengono rivisti alla moviola a partita conclusa.
In ogni caso, nonostante alti e bassi che si susseguono negli anni, il basket NBA rimane una delle dimensioni più belle e ricche di particolari della palla a spicchi globale, e anche il prossimo anno ad Aprile saremo davanti allo schermo a goderci uno degli spettacoli sportivi più belli al mondo.