Follow my lead
Il modo più bello per vedere e vivere un mondo che amiamo è quello che ogni anno ci dimostrano i media americani. Le tantissime immagini da ogni tipo di angolazione fanno capire quanto ci sia dietro e quanta attenzione si faccia alla spettacolarizzazione dell’evento, delle singole giocate. Le ultime innovazioni sono la phantom cam, ovvero sia una super slow motion per cogliere i minimi dettagli di un gesto tecnico, e l’Intel’s freeDReplay, cioè un replay tridimensionale che sfrutta i 3 lati del campo per godere di nuovo il gesto atletico in ogni salsa. L’NBA resta all’avanguardia sempre ma se c’è una cosa che per la prima volta ha inserito nello sport, quella cosa è WIRED. Il meccanismo di microfoni di ultima generazione indossati, senza alcun fastidio, da coach e giocatori ci porta realmente nel mondo della gara, facendocela vivere quasi in prima persona. Stanotte è toccato al leader carismatico dei Cavaliers LeBron James e le sue parole valgono più di ogni altra cifra fatta registrare sul parquet.
Sono 3 i momenti chiave delle parole che la lega ha deciso di farci ascoltare e sono 3 momenti in cui si racchiude tutta l’essenza di sentirsi il mondo sulle spalle, di sentirsi il responsabile primario di ogni vittoria ma soprattutto di ogni sconfitta. Si inizia dagli spogliatoi, dove un eloquente “Follow my lead from the beginning and do your job!” fa trapelare che il Re stasera non ammette errori. “Seguite la mia guida dall’inizio e fate il vostro lavoro” suggerisce con voce energica LBJ, quasi a voler sottolineare che sarà il primo a dare l’esempio in campo, in primo a sacrificarsi, il primo a non permettere che Cleveland conosca sconfitta interna in questi playoff. Fuori ci sono 20.562 anime, oltre a quelle all’esterno della Quicken Loans Arena, a spronare i wind-and-gold e non c’è modo migliore di ripagarli se non con una vittoria. Si passa al warm-up, al riscaldamento pregare e nuovamente in cerchio LeBron ribadisce un concetto chiave: “It’s all about us“, ovvero sia il nostro corrispettivo di “E’ una questione che riguarda solo noi”, testimoniando il fatto che solo i Cavs sono artefici del loro destino. Si concludono le fasi che precedono la palla a due con una profezia visto il +30 finale: “1, 2, 3: dominate!“. Non occorrono specifiche traduzioni.
Poche sono le persone che dopo le parole fanno seguire i fatti. Si possono contare sul palmo di una sola mano, invece, chi riesce a trascinare emotivamente dei compagni di squadra inesorabilmente col morale a terra. Dopo le prime due gare giocate sulle meravigliose sponde della baia di San Francisco, i Cleveland Cavaliers sembravano spacciati considerando il loro gioco e la forza dei loro avversari. Un +48 maturato dopo due partite è difficile da digerire ma il bello (o il brutto se preferite) delle NBA Finals è questo: non ci si può fermare a pensare a ciò che è successo, non ci si può guardare indietro e rimuginare su quanto fatto. Si guarda avanti e la vista di James, appena messo piede in The Land, era già su questa gara, prima ancora di indossare le scarpette da gioco. Ha trascinato i suoi con una forza tale da annichilire ogni avversario e, al netto delle prestazioni non ancora brillanti, dimostrare quanto sia forte la sua forza del pensiero. Basta seguire la sua guida ai Cavs per riequilibrare una serie che sembrava sepolta? Probabilmente no, perchè c’è bisogno dell’apporto di ogni giocatore che, però, può farsi ispirare dalle parole del Re. Persuadere i suoi sudditi è una caratteristica imprescindibile per regnare su un buon popolo e il popolo di King James in questo momento sono i suoi 14 compagni di squadra. Giocare sulle loro motivazioni, cercando di tirare il meglio che è dentro di loro per provare a completare un’impresa che appena 24h fa sembrava destinata ad un nuovo fallimento. Seguire la guida di James è uno degli aspetti psicologici che Cleveland deve percorrere se vuole guadagnarsi la chance di giocarsela fino alla fine. Tutti i fan dei Cavs sanno che possono solo fare una cosa: BELIEVE IN LEBRON JAMES, proprio come il bimbo in foto.