IsoLeBron?
NBA Finals 2015, Cleveland Cavaliers contro Golden State Warriors. Finì 4-2 per i ragazzi della baia, con un Andre Iguodala in versione MVP e un Curry da urlo, sempre incisivo nei momenti chiave delle partite. I Cavs non hanno a disposizione né Kevin Love né Kyrie Irving. LeBron James rimase senza i due principali punti di riferimento, rimpiazzati da Thompson utilizzato nello spot di 4 e Dellavedova in cabina di regia. Il miglior riassunto di quelle NBA Finals fu: “LeBron James is on an island against the Warriors“, letteralmente “Il Re è su un’isola contro i Warriors“. La definizione di isola, in questo caso, non ha nulla di geografico ma si riferisce a due aspetti del gioco di LBJ: il primo è piuttosto letterale, in quanto i Cavs senza LeBron creano pochissimo e con il 23 in campo riescono a dare poco di più (0/21 di squadra nei pochi momenti della serie in cui James non è in campo); il secondo riguarda i costanti isolamenti che il talento dei Cavaliers opera in fase offensiva, cercando di tirare sempre il coniglio dal cilindro. In molti lo hanno definito IsoLeBron, proprio a voler sottolineare, quasi con cattiveria, la sua nuova ed evoluta modalità d’attacco. Nel 2015 James ha esagerato senza mezzi termini ma i numeri sono comunque dalla sua parte: 44 punti in gara 1, 39 in gara 2, 40 in gara 3, 20 in gara 4, 40 in gara 5 e 32 in gara 6. Seguendo un’analisi che va al di là della logica, l’abuso di post-up o post-basso di James deriva sì dalla voglia di James di dimostrare ancora una volta la sua forza ma anche e soprattutto da una insufficienza di elementi utili allo scacchiere di coach Blatt: l’assenza di due creatori di gioco come Love e Irving non costringe da subito LeBron a “fare tutto da solo” ma quando JR Smith non fa canestro, Shumpert non entra mai offensivamente nella serie e i tuoi lunghi non allargano il campo, tendi a comportarti proprio come James.
Anche quest’anno, secondo molti, James ricade in questa forma di eccesso, in questo costante uso smodato dell’isolamento su un quarto di campo. Nei playoff 2016, però, i numeri dicono altro, testimoniando come per l’ennesima volta il gioco di LBJ sia in continua evoluzione, in continuo cambiamento. I cambiamenti non nascono solo dal fulcro centrale di un attacco ma sono sempre presenti in maniera biunivoca con l’apporto dei propri compagni. Gli isolamenti giocati da LeBron in questa stagione e specialmente in questi PO sono completamente diversi da quelli delle scorse Finals: avere JR che vede una vasca da bagno al posto del canestro (46.2% da 3 contro il 31.2% dello scorso anno), avere un Kevin Love (44.6% da 3) in più, una panchina ora folta, un Kyrie Irving (24.3 punti di media) in aggiunta fa comodo, molto comodo. Senza contare l’utilità di Jefferson (meglio di Marion e più pronto fisicamente) e Frye (vera arma in più quest’anno con il 57.8% da 3). Una squadra diversa, un coach diverso, un LeBron James diverso. Abbiamo accennato a dei numeri prima, andiamoli a scoprire.
Nella sezione Offensive Isolation Leaders (http://stats.nba.com/league/player/#!/playtype/isolation/?sort=Poss&dir=1&CF=Poss*GE*8&Season=2015-16&SeasonType=Playoffs&PerMode=Totals) ci sono diverse categorie, le andremo ad analizzare in ordine quasi tutte. La prima che troviamo è quella dei possessi giocati ma la variabile discriminatoria in questo caso sono anche le partite giocate: spiccano Westbrook e Durant, rispettivamente con 113 e 95 possessi giocati, mentre LeBron è a quota 65. Questa differenza, però, è dovuta anche alle 18 partite giocate dal duo dei Thunder contro le 14 giocate da James. Proseguendo troviamo la frequenza con la quale, sul totale dei possessi della squadra, un giocatore va in isolamento: numeri interessanti arrivano da Lillard (22.9% con 11 partite giocate), da Westbrook ancora (21.1% con 18 partite giocate) e solo decimo posto di questa particolare classifica troviamo James (19.1% con 14 partite giocate). Passiamo ora ai punti per possesso, calcolati attraverso la divisione tra il totale dei punti per possesso e il numero totale dei possessi: spicca, neanche a dirlo, l’MVP Steph Curry, in grado di segnare 1.24 punti per possesso (considerando tiri da 2 e da 3 indistintamente), troviamo Draymond Green al nono posto con 1 punto per possesso e solo al diciannovesimo posto arriva James con 0.89 punti per possesso. Proseguendo abbiamo tre categoria più comprensibili ai meno esperti: i punti realizzati in una situazione di isolamento e le rispettive percentuali. Alla n°1 troviamo quel demonio cestistico di Russell Westbrook con 105 punti, seguono Durant con 71, Lillard con 57 e Curry e James entrambi a quota 56. Per quel che riguarda canestri realizzati e tiri tentati, la classifica cambia: il top della categoria è sempre il numero 0 dei Thunder (43) ma al secondo posto c’è James con 25 canestri dal campo, seguono Durant (24) e Curry (21). Per i tiri tentati, invece, seguono Westbrook (97): Durant a 75, James a 59 (la distanza fa capire quanto isolamento giochino i Thunder) e Irving a 55. In termini di percentuali, allora, il migliore è Curry con il 52.5%, Harden con il 50%, al diciottesimo posto (intervallato da tanti giocatori con 5/6 partite) c’è James con un rispettabilissimo 42.2%.
Le ultime 5 voci statistiche che prendiamo in considerazione sono 5 frequenze, calcolate sul totale dei possessi e riguardanti aspetti diversi dell’attacco. La prima riguarda la frequenza con la quale un giocatore in situazione di isolamento riesce ad andare in lunetta: Harden e Smart sono quelli che lucrano più liberi (28.1% e 25%) mentre più in basso, al quarto posto, troviamo Draymond Green con il 25% e solo al ventisettesimo posto c’è James il 6.3% (dato da leggere in corrispondenza con le altre situazioni di gioco). La classifica della frequenza delle palle perse pone, per fortuna dei Cavs, James in una posizione molto bassa: è infatti 32esimo con un buon 3.2%, mentre in testa troviamo Parker (33.3%) e Dragic (18.8%). Passiamo ad occuparci della frequenza con la quale si riesce a subire un fallo sul tiro: anche qui James vola basso, ottenendo appena il 6.3%, contro chi guida la classifica, ovvero sia Harden, che detiene il 28.1%. Nella penultima voce, cioè la frequenza con la quale si riesce a mettere a segno un and-one (fallo-e-canestro), LeBron sale nuovamente di quota: è settimo con il 3.2% dietro a Dragic (18.2%), Smart (12.5), Green (8.3%), Lowry, Thomas e Waiters. Alla voce “frequenza con cui si segna“, tenendo conto dei giocatori con almeno 10 gare giocate nei PO, James al decimo posto con un ottimo 42.9%.
Una serie infinita di numeri che portano in un’unica direzione: LeBron James in isolamento va oltre il concetto di triplice minaccia. Il quarto di campo che i compagni di squadra gli lasciano non solo, per far riferimento ad una serie appena conclusa, come quelli di KD o di Westbrook (uno dei due tira sempre). Il dato statistico che più impressiona è un altro e vi ci portiamo piano piano: Cleveland ha realizzato in questi playoff 542 canestri; LeBron ha realizzato 137 canestri e ha assistito per altri 98 canestri fatti. Dunque: (137+95)/542 = 42.8%. Questa percentuale corrisponde all’influenza di James sull’attacco dei Cleveland Cavaliers. La possibilità di avere a disposizione giocatori che fanno canestro, allargano il campo e sanno come spaziarsi è importante ma avere un LeBron in grado di:
1. Mettere in ritmo chiunque sul perimetro;
2. Leggere la difesa e scaricare non appena arriva il raddoppio;
3. Giocare spalle a canestro e sfruttare la stazza;
4. Affidarsi al jumper dalla media che sta entrando con regolarità;
5. Assorbire i contatti e provocare and-one;
…fa tutta la differenza di questo mondo. A queste Finals vedremo ancora IsoLeBron? Probabilmente sì, ma stavolta dovranno preoccuparsi gli altri e noi i Cleveland Cavaliers.