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Il lato oscuro del Mamba ed il suo capitolo triste che non va dimenticato

Sapevamo ormai da un po’ che questo momento sarebbe arrivato e che dopo l’ultima sirena dell’82esima partita di questa stagione per i Los Angeles Lakers si sarebbe chiusa un’epoca, quella di Kobe Bryant, quella di quel fuoriclasse che per vent’anni con la maglia gialloviola, l’8 prima ed il 24 poi sulla schiena ha condizionato, cambiato, evoluto il gioco più bello del mondo. Ma non sarà questo il solito articolo volto a ricordare l’immensa grandezza di un fuoriclasse che ha scritto la storia, sia perché ormai gli aggettivi per descriverlo sono esauriti da tempo, sia perché come tutti i grandi che la storia la scrivono anche il ragazzo nato a Philadelphia 37 primavere fa non ha avuto nella sua vita solo capitoli felici da esaltare ma anche momenti difficili nei quali forse essere Kobe Bryant lo ha aiutato più di quanto meritava. Per questo motivo negli Stati Uniti più che in ogni altro posto forse ci saranno alcune persone che non saranno nonostante tutto tristi nel vederlo andare via, e non solamente perché il Sole tramonta sulle sue immense doti fisiche ma anche e soprattutto perché forse più di ogni altro adorato, coccolato e strapagato atleta Bryant ha costretto tutti noi a pensare a ciò che siamo in grado di perdonare, o ignorare. La mente non può non tornare al giugno 2003, Hotel Cordillera di Edwards, Colorado, l’accusa di stupro da parte di una diciannovenne che in quell’hotel ci lavorava come cameriera e l’enorme polverone mediatico che si scatenò in tutto il paese nei giorni immediatamente successivi all’accaduto. Poi le tante udienze culminate in un processo nel quale i legali della ragazza ritirarono le accuse e nel quale quell’uomo cresciuto tra l’Italia e Philadelphia che stava dominando l’Nba venne assolto da ogni accusa, assolto per essere sostanzialmente Kobe Bryant, assolto da un sistema di giustizia penale nel quale alla fine ne emerge semplicemente che una giovane donna non dovrebbe mai aspettarsi di avere ragione se il suo presunto aggressore è una ricca, famosa e amata celebrità americana. In più bisogna aggiungere che le conseguenze per i diretti interessati della vicenda non possono che essere state tanto dissimili quanto paradossali, con la ragazza che oltre ai danni morali subiti è stata più volte minacciata di morte per esser stata la causa di tutta questa vicenda (un cittadino svizzero evidentemente non troppo sano di mente chiese un milione di dollari ai bodyguards di Kobe per uccidere la ragazza), e con il 24 dei Lakers che perse qualche sponsor e si separò dalla moglie Vanessa (salvo poi ritornare con lei ed essere tuttora ancora legato alla donna) ma che venne ugualmente premiato come miglior atleta uomo nei “2003 Teen Choice Awards”. Esiste un lato della grandezza che non ci è dato conoscere, tanto oscuro quanto difficile da comprendere, e nei giorni nei quali viene giustamente onorata la carriera di un grande atleta è giusto anche ricordare la donna la cui vita è stata cambiata dal lato oscuro della grandezza di Kobe Bryant, non le abbiamo creduto a tempo debito o forse non abbiamo voluto farlo, dovremo iniziare a pensarci.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone