ROTY Alumni #5 - Zach LaVine
Si ritorna nel mondo dei sophomore, nella rubrica che analizza il percorso dei cestisti che si sono appena lasciati alle spalle il percorso da rookie. Quasi una scelta obbligata, soli 3 giorni dopo la fine dell’All-Star Weekend, quella del protagonista, forse unico vero vincitore (oltre a Kobe, ovviamente) dell’evento: Zach LaVine. La guardia classe ’95, a Marzo compirà 21 anni, conta nel palmares già un titolo di MVP nella Rising Star Challenge e il secondo titolo consecutivo nella gara delle schiacciate. Non proprio la normalità per chi si approccia alla seconda stagione in NBA, ma procediamo con calma.
Zach, figlio di un ex giocatore NFL, ha mostrato sin dal liceo doti fuori dal normale, quel talento cristallino identificabile in pochi, che si discosta dalla base tecnica di questo sport. La conferma la si ha al college, dove sceglie di accasarsi ad UCLA. Infatti, nonostante il ruolo dovrebbe essere quello da playmaker, Zach si mette in mostra per l’esplosività del suo gioco, difficilmente arrestabile per le difese una volta in progressione. Non sarà quindi il miglior assistman o un cecchino dall’arco (caratteristiche in cui comunque non viene meno), ma diventa inarrestabile quando decide di attaccare l’area avversaria. Un po’ come un certo Russell Westbrook, a cui viene sin da subito accostato negli Stati Uniti, e che al college ha giocato, nemmeno a dirlo, ad UCLA.
Dopo esser diventato la tredicesima scelta assoluta al draft, diventa ufficialmente un Timberwolf, insieme alla prima scelta e futuro rookie dell’anno, Andrew Wiggins. L’inizio non è dei più entusiasmanti, il minutaggio è misero e il gioco NBA sembra essere davvero troppo duro per chi fa della sua forza la dote principale, ma la carriera, soprattutto al primo anno, è fatta di episodi. Il primo arriva a metà Novembre e si presenta sotto forma di pessima notizia per le scelte del compianto Flip Saunders: Ricky Rubio, playmaker titolare, si infortuna gravemente e dovrà restare fuori dal parquet per più di tre mesi. Il coach allora sorprende tutti e invece di Mo Williams, il posto da titolare viene dato proprio a LaVine. I risultati sono altalenanti e se, soprattutto inizialmente, lo score non è di quelli eccezionali, col tempo riesce a regalare prestazioni importanti, come i 28 punti contro i Lakers o i 22 con 10 assist contro gli Spurs.
Il rientro di Rubio è imminente a febbraio e il periodo improvviso da titolare inamovibile non ha reso abbastanza salda la sua posizione in termini di rotazione, serve un altro episodio. Ovviamente il destino ancora una volta non si fa attendere e a New York City, durante l’All-Star Weekend, si finisce a parlare solo di lui. Questo ragazzino, che in molti stento conoscevano, finisce sotto tutti i riflettori per aver dominato lo Slam Dunk Contest, riportandolo a fasti che da anni non vedeva. Il finale di stagione è tutto in crescendo grazie all’impatto mediatico che la sua vittoria gli ha fornito, le prestazioni salgono fino alla doppia cifra di media nei punti segnati e arriva anche la nomina nella seconda squadra di rookie in NBA.
La nuova annata tra le fila dei Minnesota Timberwolves inizia decisamente bene per lui, come per i suoi compagni Wiggins e Towns (media d’età: 20 anni precisi) che inanellano prestazioni non indifferenti per tutta la prima metà della stagione. Zach fa registrare 28 punti contro i Suns, mentre a Cleveland i tre diventano i primi under-21 a mettere a referto insieme almeno 20 punti, seguito infine dai 35 punti contro OKC poco più di due settimane fa. La nuova svolta arriva ovviamente ancora all’All-Star Weekend, quello appena concluso, che lo vede protagonista assoluto. La sua crescita come cestista, che zittisce momentaneamente gli scettici che lo vedevano solo un gran schiacciatore, trova il suo attuale culmine nella gara del venerdì, dove domina contro i suoi coetanei e porta a casa 30 punti, oltre che il trofeo come MVP della gara.
Il tutto basterebbe, ma c’è la storia da scrivere e non può aspettare oltre. Sabato 13 Febbraio 2016 Zach LaVine e Aaron Gordon si sfidano nella gara delle schiacciate, lasciando tutti in stato di shock nelle ore a seguire. I due si scambiano colpi su colpi, mentre chiunque sia sintonizzato sull’Air Canada di Toronto non può che restare senza fiato schiacciata dopo schiacciata. La competizione, come ammesso dalla stessa NBA, sarà ricordata come una delle edizioni migliori della storia, insieme ad un illustre compagna, quella del 1988 tra un certo Michael Jordan e Dominique Wilkins. Il trofeo, non che sia davvero importante dirlo, se lo porta a casa ancora Zach, che entra così nel ristretto gruppo di quattro persone che sono riuscite a vincere per due volte consecutive questo speciale titolo. La stagione per i Timberwolves non sarà nulla di memorabile neanche quest’anno, ma è difficile che LaVine possa dimenticarla, con l’obiettivo costante di migliorare e prendere posto tra i migliori della lega, magari insieme ai compagni di squadra nella loro crescita di gruppo.