Natale con la Signora della Pallacanestro
Non si diventa una Signora (S maiuscola) per caso e ancor meno la Signora della pallacanestro. Occorrono doti straordinarie, carisma, forza di volontà e soprattutto competenza e passione. Concentrare queste qualità in un’unica persona è cosa ardua ma esiste sempre un’eccezione che conferma la regola. Questa eccezione ha un nome e un cognome: Paola Ellisse. Non tessiamo le lodi della First Lady del basket solo perchè ha da anni la nostra massima stima ma perchè sono i numeri a renderla così first: nel novembre del 1995, debuttava in UConn-UMass, prima partita NCAA in un cui la telecronaca è affidata ad una donna, per altro di 20 anni. E’ stata la prima giornalista ad occuparsi di pallacanestro per Tele+ e a distanza di poco la sua voce esordisce anche in Coppa Korac per il commento di Scavolini Pesaro-Aek Atene, confezionando un altro storico debutto. La strada non è stata sempre spianata ma quando le capacità sono evidenti, i passi vengono da sé: sarà anche la prima giornalista a raccontare una gara di Eurolega. Se non è Lei un esempio da seguire, allora non esistono gli esempi. Paola Ellisse non è, dunque, solo una giornalista di sport ma è l’emblema del giornalismo sportivo tinto di rosa. Abbiamo avuto l’onore e il piacere di chiacchierare con la Signora della pallacanestro e abbiamo deciso di regalarvi il suo personale punto di vista su una panoramica a 360° sul mondo della pallacanestro: dalla NBA agli italiani oltroceano, dall’Eurolega alla Nazionale, dalla Serie A al ritorno della coppia più bella del mondo.
Apriamo con i campioni e con il loro dominio (quasi) perfetto. Secondo Lei dove risiede la forza dei Warriors: nei numeri, in Curry, nel gruppo, in un sistema che tocca tanto tanto il settore sportivo quanto quello mediatico, commerciale ed economico?
Tutte le cose che hai citato contribuiscono sicuramente al successo di Golden State, aggiungerei una giusta dose di fortuna (assolutamente necessaria per vincere) che ha permesso di avere sempre una squadra efficace senza grossi infortuni, un’abbondante dose di convinzione, e non c’è niente di meglio che vincere per imparare a vincere. Poi, ovviamente, c’è Steph. E’ vero che da soli non si vince nel basket, ma temo che senza di lui non staremmo parlando di Warriors campioni NBA.
Sul fronte opposto, i primi della classe sono i Cavaliers con Love e Kyrie ritrovati. Cosa serve a LeBron per sfatare il tabù dell’Ohio? Il suo processo di maturazione è tale da permettergli di riuscire a portare il trofeo a Akron?
LeBron sta facendo i conti con un fisico usurato, che non gli permette più di fare determinate giocate di esplosività pura che faceva in passato. Questo, paradossalmente, non lo indebolisce come giocatore in assoluto, ma lo costringe ad allargare la sua prospettiva sul gioco. Una sua maturazione in questo senso potrebbe aumentare le chances di Cleveland, anche se continuo a pensare che chi uscirà dall’ovest, a parità di completezza di roster, avrà qualcosina in più.
Dietro alle due squadre sopracitate c’è tanta bagarre.
Partiamo da Est. Il livello si è decisamente alzato e su 8 squadre che hanno partecipato agli scorsi PO, 4 sono fuori facendo spazio a chi lo scorso anno ha deluso (vedi Miami e Indiana). Questo nuovo equilibrio a cosa è dovuto?
Sono molto sorpresa da quanto sta succedendo ad est, anche se il fatto che ad avere record positivi siano squadre che lo scorso anno soffrivano mi fa pensare che gli equilibri siano destinati a cambiare ancora. Ad est è probabilmente più facile sorprendere, lo ha fatto Atlanta lo scorso anno, lo sta facendo soprattutto Charlotte oggi. Ma mi aspetto che le cose cambino.
Spostiamoci a Ovest. Il 45% delle squadre ha un record negativo e molte squadre ambiziose stanno tradendo le aspettative. I cambiamenti estivi sono stati tanti e non tutti li hanno assorbiti bene. Quanto è importante un sistema ben collaudato nel quale, anche se cambi le pedine, il risultato migliora e non peggiora?
Dipende sempre e comunque dalle pedine. Il sistema è ovviamente fondamentale per perseguire progetti a medio-lungo termine (vedi Spurs del terzo millennio, Lakers nel decennio precedente, Bulls ancora prima etc etc…), ma alla fine in campo ci vanno i giocatori, e se non hai giocatori adatti al sistema, capaci di “respirarlo” e non di viverlo come un’imposizione allora il sistema da solo resta una bella cornice senza quadro.
L’annuncio di Kobe, per quanto atteso, ha gelato tutto il mondo cestistico. È giusto, ora come ora, giocare per i compagni o sarebbe più congeniale concludere comunque la carriera da vero Mamba?
Kobe resta Kobe, non ha giocato per i compagni per 22 anni, per quale motivo dovrebbe farlo ora? Oltretutto il suo farewell tour sta coprendo un po’ delle magagne dei Lakers attuali, si parla più di lui che della stagione disastrosa che stanno vivendo, e per questo gli angeleni dovrebbero essergli eternamente grati…scherzi a parte, Bryant resterà sempre tra le icone del basket planetario.
Il prossimo anno sarà il primo, dopo 22, senza Kobe sul parquet ma sarà anche il primo anno, dopo 20, in cui si vedrà un volto nuovo sulla panchina degli Spurs. Come immagina Popovich in un ambiente diverso da quello di San Antonio? Porterà anche lì la sua cultura sportiva oppure si adatterà ad una diversa visione dell’organizzazione, essendo ambito di nazionale e non di club?
Non conosco Pop abbastanza per poterti dare una risposta intelligente, posso solo dire che quando lo scorso anno ho avuto la fortuna di assistere ad un suo clinic a Berlino mi sono ritrovata ad ascoltare un allenatore “diverso”. Uno che ama il basket ma ama anche la vita, e riesce a fondere questi amori all’interno di un atteggiamento di grande equilibrio, di quella giusta leggerezza che porta a non prendersi troppo sul serio. Mi ha dato l’idea di sentire il bisogno di divertirsi in quello che fa, quindi penso che cercherà sicuramente di dare la sua impronta tecnica (a partire dal fantastico principio dell’ o-point-five) ma vivrà ogni esperienza con grande equilibrio.
Gli italiani: Mago in ripresa ma contesto particolarmente difficile, Danilo con responsabilità e pressione, Marco in un sistema che lo premia ma che non sta dando i frutti sperati. Chi ha fatto la scelta giusta questa estate?
Marco la scorsa estate ha detto chiaramente di volere due cose: minuti e dollari, quindi credo sia contento della sua scelta. Lui ha già vinto, e fatto una scelta intellettualmente onesta, ovviamente opinabile da chi non cammina nelle sue scarpe, ma questo è un altro discorso. Danilo sa gestire pressione e responsabilità, anzi direi che sono queste le cose che lo esaltano davvero. Per lui sarebbe importante fare un’intera stagione fisicamente sano, per capire davvero quale sia la sua forza in questa Lega. Il Mago è il Mago, dei tre sembra (e sottolineo il verbo sembra) il meno trascinato dalla passione, cosa che non penso sia vera, ma la percezione che da di sé è questa, e credo ne abbia davvero condizionato la carriera, già iniziata in salita in quanto prima scelta assoluta non americana e di razza bianca.
Ci avviciniamo e parliamo di nazionale. Abbiamo seguito grazie a Sky gli ultimi Europei, in cui l’Italia non ha sfigurato. Arriviamo al preolimpico con delle certezze ma anche con tante novità: quanto Messina può essere una motivazione in più per i giocatori?
Non penso che un giocatore che va in nazionale abbia bisogno di motivazioni; penso abbia bisogno di un disegno tecnico preciso e allo stesso tempo facile da metabolizzare, perché i tempi per creare una squadra da un gruppo di giocatori è brevissimo. Ettore ha idee cestistiche chiare e un trascorso che lo ha già visto alla guida della Nazionale, e questa esperienza non potrà che aiutarlo a fare le scelte, a dare gerarchie chiare, magari anche a prendere qualche decisione impopolare ma utile alla squadra. Di certo ha le spalle abbastanza larghe e la credibilità sufficiente per farlo.
Dalla nazionale passiamo all’Eurolega. Competizione sempre affascinante e quest’anno anche piena di sorprese, basti pensare all’eliminazione del Maccabi Tel Aviv. Le italiane sono fuori ma 3 italiani brillano: in primis Gigi Datome, subito dopo Ale Gentile e Niccolò Melli. Volevo chiederLe un bilancio su questi 3 giocatori.
Difficile non dire banalità nel risponderti…. Gigi è un diesel emotivo, uno che ha la capacità di affrontare stagioni di panca in NBA e di ricominciare da dove aveva lasciato (cioè facendo canestro) in Europa è una roccia, proprio come quelle della sua terra. Ale sta camminando su una linea sottilissima, quella che lo separa dal diventare un autentico campione o un incompiuto. Ha talento, fisico e “fame”, non ho ancora capito se vede anche i propri difetti o no, e questo fa tutta la differenza del mondo. Melli è una bella riscoperta, ha sempre avuto talento offensivo da vendere, ma era un po’ morbidone in certe situazioni. Sta diventando un giocatore, anzi un Giocatore.
Approdiamo in Italia: una serie A che finalmente ha lo spazio e la qualità che merita. Volevo chiederLe una riflessione su un dato statistico importante: mai così tanti minuti per gli italiani come in questa stagione. Sta cambiando qualcosa nel sistema?
Magari!!!! Purtroppo il sistema non sta cambiando, o se lo sta facendo non va nella giusta direzione. Quello che sta succedendo in questi giorni dimostra che in realtà non c’è un vero “sistema basket” in Italia. Troppo spazio all’improvvisazione, all’interpretazione, all’impreparazione. Relativamente agli italiani, la loro maggiore presenza in campo va vista secondo me in due modi: alcuni stanno molto in campo perché sono bravi e se lo meritano, altri stanno in campo perché il livello degli stranieri nelle loro squadre è bassino e quindi non si vede più di tanto la differenza. E dico questa cosa con un po’ di tristezza….
Il più grande regalo di Natale: Buffa e Tranquillo. Non vogliamo nessuna anticipazione ma i retroscena ci intrigano troppo: com’è nata e da chi è nata l’idea, se ha visto l’Avvocato un po’ cambiato dall’esperienza calcistica e teatrale…
Se raccontassi qualcosa verrei fatta tacere per sempre…scherzo naturalmente! Fede è sempre Fede, non c’è nulla al mondo che possa cambiarlo, nulla al mondo che possa portarlo con la testa stabilmente sulla Terra, nulla al mondo che potrebbe togliere l’irresistibile fascino che sa aggiungere alle storie che racconta. Questa reunion è nata in modo casuale, tutti volevano che Buffa parlasse di Kobe e invece lui e Flavio parleranno di qualsiasi cosa, perché entrambi, anche se hanno personalità completamente diverse, nutrono gli stessi sentimenti nei confronti del Gioco: amore, rispetto, dedizione. Posso dirvi solo una cosa: non perdetevela, e anche se la vedete in diretta registratela; avrete voglia di rivederla.
Non possiamo far altro che augurare a tutti voi un felice Natale e ringraziare ancora una volta la gentilissima e disponibilissima Paola Ellisse per la cortesia che ci ha dimostrato.