Il problema della stretch run dei Phoenix Suns: i finali di gara sono negativi
In Arizona l’umore non è dei migliori. Dopo i tanti cambiamenti estivi, si sperava in un record migliore dell’attuale 8-13 dopo 21 partite disputate. Come spiegare questo mancato miglioramento? Ci aiutano dei numeri piuttosto particolari che allo stesso tempo spiegano gran parte dei problemi della squadra guidata in panchina da coach Hornacek e in campo da Eric Bledsoe. Può sembrare una statistica paradossale ma è solo la dura verità, quella sulla quale deve far perno il coach dei Suns se vuole rientrare in zona Playoff in una sempre più selvaggia Western Conference. I Suns sono 3-9 nelle partite in cui giocano gli ultimi 5 minuti partendo da un vantaggio di 5 punti. Come ogni dato statistico, anche questo va preso con le pinze perchè, come tutti sappiamo, 5 punti sono più che rimontabili in 5 minuti ma è il come che fa la differenza. Il problema di Phoenix è proprio questo: come vengono gestiti gli ultimi 5 minuti di gara?
Seguendo le linee guida dettate storicamente dalla franchigia e poi da coach Hornacek, la squadra dell’Arizona gioca chiaramente una pallacanestro sopra le righe in termini di intensità e di ritmo e, spesso, questa scelta alla lunga NON paga. Le 9 sconfitte a cui facevamo riferimento prima sono arrivate in maniere piuttosto rocambolesche, non ultima quella di stanotte contro i Memphis Grizzlies. Il calo fisico non è poi così evidente se prendiamo in considerazione anche quello mentale. La concentrazione dei Suns negli ultimi 5 minuti, in quella che in gergo viene definita stretch run (lo sprint finale), è quella che più viene a mancare. Lo dimostra perfettamente la palla persa banalmente da Brando Knight stanotte, regalando praticamente la rimessa ai Grizzlies in un momento chiave della gara. Knight è il giocatore più soggetto a questo calo di attenzione ma è più in generale l’atteggiamento della squadra che nei finali sembra appannato, poco lucido e poco sotto controllo. Il lavoro di Hornacek è estremamente delicato perchè avere la possibilità di correre e giocare ad un ritmo sostenuto fa troppa gola per poter pensare alle conseguenze eventualmente deleterie di questo sistema di gioco. Il giusto equilibrio non arriva in una partita o in un mese ma col tempo, quello che i Suns non hanno più la possibilità di sprecare.