ICYMI - Say NO to sleeved jersey
“It’s business first” è la frase che spesso ci ripetiamo quando non riusciamo a spiegarci qualcosa all’interno di una delle organizzazioni sportive più complesse del mondo. Dobbiamo sempre obbedire alle regole che il mercato ci impone o possiamo, per una volta, dire la nostra senza paura di andare contro chi, ormai, governa il mondo con proposte dalle quali fatturare milioni e milioni di dollari? Stavolta stiamo con la seconda opzione, perchè siamo un po’ come LeBron James stanotte durante la partita Knicks-Cavaliers. Il gesto irruento della stella dei Cavs è tanto comprensibile quanto da applausi, condivisibile anche da chi solo una volta ha solcato un parquet. James, a differenza nostra, non può schierarsi contro una decisione della Lega e degli organi che ne curano il merchandising e giustifica la sua mossa dicendo: “Ero semplicemente frustrato con me stesso, sono stato fuori ritmo quasi tutta la partita, e la maglietta era l’unica cosa contro la quale potessi sfogarmi […] Se piacciono ai tifosi, piacciono anche a noi“. Vorremmo avere la stessa diplomazia del talento di Akron ma, all’ennesima vista di maglie che NON rispettano l’originario stile di gioco, non riusciamo a schierarci a favore delle sleeved jersey. L’episodio di James, anche se non in maniera così eclatante, non è isolato. Quando furono introdotte e utilizzate per la prima volta arrivano le critiche di Beno Udrih, Jarrett Jack, Robin Lopez, Mark Cuban (ma a lui basta metter bocca su tutti, quindi non va considerato, NdR), addirittura Stephen Curry. Ma se si lamenta LeBron James, la Lega non può far finta di nulla. Dopo le prime “proteste” e il primo (e speriamo unico!) All Star Game giocato “a mezze maniche” il fatturato delle vendite di questa nuova tipologia di magliette andava completamente contro le logiche di chi con quelle maglie ci gioca. Business o migliori condizioni per i giocatori? Naturalmente, Business first.
SOLO QUESTIONE ESTETICA? – Ci siamo interrogati anche su questo, perchè come dice LBJ “per una partita di 48 minuti ogni tanto, non ho nessun problema ad indossarle“. Sarà solo un caso, sarà solo un fattore psicologico, ma gli inizi di LeBron con le sleeved jersey non sono mai positivi. La poca abitudine a giocare con maglie che non permettono di essere liberi al 100% (nonostante la notevole elasticità) condiziona anche un minimo le percentuali dei giocatori. Sull’aspetto estetico potremmo ragione fino a domani, senza forse venirne a capo, ma ci sentiamo in dovere di schierarci dalla parte dei giocatori, di chi deve giocare e convivere con questo piccolo inconveniente. C’è anche chi, dati alla mano, ha dimostrato il netto calo delle vendite dopo il boom iniziale ma la Lega non ha ancora preso in considerazione di abbandonare questa strategia di marketing. Paul Lucas della Uni Watch qualche tempo fa scrisse “The NBA’s sleeved jerseys are not selling well” ma la situazione non sembra cambiata. Dunque, non solo una questione estetica. E’ una questione anche di comodità, di essere a proprio agio nelle canoniche canotte che caratterizzano da sempre questo sport.
Tuttavia piccoli segni di miglioramento sono all’orizzonte. Come vi abbiamo già mostrato (https://www.nba24.it/wordpress/2015/10/30/nba-christmas-ecco-le-divise-speciali/) un piccolo regalo di Natale ci è già arrivato: si abbandonano le sleeved jersey e si consegnano ai giocatori delle maglie vintage, di gran lunga più cool e di gran lunga più comode delle mezze maniche. Chi saprà dirci se sarà una svolta o meno? Come sempre, il mercato delle vendite.
La nostra critica non intende intaccare il grandissimo lavoro di professionisti che studiano le dinamiche di mercato ma il nostro intento è solo quello di riportare il Gioco alle sue essenza primordiali, alle sue origini. Inserire le novità giuste serve a migliorare la qualità del gioco ma in questo caso non vediamo come questa scelta possa contribuire a renderlo migliore. Il chiaro disagio che mostrano i giocatori in campo (specie quando lo fa uno che tende a influire come LeBron James) non è un bellissimo biglietto da visita per la Lega e per tutto il mondo NBA. Lo spettacolo più bello del mondo perde un minimo di bellezza se il suoi protagonisti non possono esprimersi al meglio. La storia dura ormai dal 7 marzo 2014, quando lo stesso LeBron James dopo la sconfitta contro gli Spurs dichiarò: “Non sto cercando scuse per le mie brutte percentuali (6/18 dal campo, NdR), ma non sono un grande fan di queste maglie. Ogni volta che tiro mi sento come se il braccio non riuscisse ad arrivare dove vorrebbe. Non è sicuramente una buona cosa“. Il Commissioner Adam Silver smorzò il tutto dicendo di aver avuto già grandissime richieste di acquisto dai fan e, in occasione dell’ASG, aggiunse un piuttosto eloquente “Sappiamo che le percentuali di tiro dovrebbero essere praticamente uguali sia per chi gioca con le magliette a maniche corte sia per chi gioca con le maglie convenzionali” che spiazzò un po’ tutti.
La guerra da lì in poi non si è più placata. Il 14 marzo 2014, invece, arrivò anche l’opinione di uno Steph Curry sicuramente non ancora così influente e decisivo: “Siamo sulla TV nazionale e non è il massimo portare in scena queste brutte maglie. Non avrei voluto esprimermi a riguardo ma è una di quelle cose che ci fa perdere la concentrazione e non ci permette di dare il massimo. Vogliamo offrire ai nostri tifosi uno spettacolo, vogliamo giocare per farli divertire e per farli venire alle partite. Probabilmente questo non è il miglior modo“. Uscita particolare per Curry che, però, è supportato dai numeri: appena 8 i suoi punti nella prima partita con le sleeved jersey contro i Bulls, tirando 2/13 dal campo e non segnando nessuna tripla, risultato che non accadeva da 54 partite. Le parole di chi conta sono arrivate, arrivano e continueranno ad arrivare. Noi, intanto, attendiamo speranzosi la fine di questo esperimento dai risultati molto molto rivedibili. Lasciamo che sia Hulk Hogan a strapparsi le maglie e non i giocatori NBA.
Just stop making NBA players wear them during games.