NBA24 PREVIEW - Portland Trail Blazers, anno I d. LMA
E adesso? Questa la domanda più ricorrente dalle parti della ‘Rip City’, con qualcuno che sta già cominciando a fare della facili ironie sul significato del soprannome più famoso della città di Portland. E se vi sembra esagerato, forse non vi è chiara l’importanza che, in un contesto simile, rivestiva LaMarcus Aldridge. Uno la cui partenza verso altri e potenzialmente più vincenti lidi, prevista e prevedibile, non poteva non lasciare qualche doloroso strascico.
E adesso, dicevamo? Adesso si ricostruisce. Con pazienza. Intorno a Lillard e, perché no, a McCallum. E provando a ritagliarsi un posto al sole in vista delle prossime free agency che potrebbero portare in dote qualcosa di interessante. Anche se l’eredità del numero 12 appare ben lontana dall’essere raccolta: e, quelli che potrebbero farlo, sono ben accasati altrove.
COME L’ABBIAMO LASCIATA – Dopo un inizio balbettante, i Blazers erano riusciti a rimettere parzialmente in piedi la loro stagione, chiudendo con il titolo divisionale e un rispettabilissimo 51-31. E, in fin dei conti, una sconfitta al primo turno dei playoff contro i Grizzlies poteva tranquillamente starci, anche se la proporzione della stessa (4-1 ndr) non aveva fatto proprio onore alla squadra che, appena l’anno prima, si era fermata solo quando si aveva incrociato il cammino degli Spurs futuri campioni Nba. In condizioni normali ci sarebbe stato di che programmare, e bene, per il futuro in relativa tranquillità. Ma poi Aldridge ha optato proprio per il Texas in nero e argento e, di colpo, tutto è diventato tremendamente più difficile.
IL MERCATO ESTIVO – Di LMA abbiam già detto. E’ andato via anche Batum, in direzione Charlotte. E Lillard è ogni giorno sempre un pò più solo. Perché se da un lato C.J. McCollum sta lasciando emergere tutte quelle potenzialità fino a ieri solo intuite, dall’altro gli arrivi di Mason Plumlee e dell’oggetto misterioso Omari Johnson non potranno certo colmare il vuoto, tecnico e di leadership, lasciato dal vecchio e ingombrante inquilino dell’ufficio in post. A meno di imprevedibili e ripetuti exploit di Cliff Alexander, anche se non ce la sentiamo, al momento, di dare all’ ex Jayhawks responsabilità che vadano troppo oltre il suo ruolo di rookie, per quanto talentuoso. Non dice meglio sotto le plance, dove il trentatreenne Kaman sarà chiamato agli straordinari anche se, fossimo nei panni di coach Stotts, proveremmo a dare maggior fiducia a Meyers Leonard. Le (non proprio rosee) prospettive stagionali, d’altronde, autorizzano alla sperimentazione: chissà che non ne venga fuori qualche jolly inaspettato. Per il resto, il roster è un concentrato di shooting e point guard assortite con, prevedinìbilmente, molti minuti a disposizione del già citato McCollum e Aminu. Gerald Henderson potrebbe (condizionale d’obbligo) essere un’alternativa affidabile, mentre Pat Connaughton dovrà dimostrare di non essere solo una bella realtà prestagionale.
L’UOMO FRANCHIGIA – Non ci sono dubbi né tanto meno alternative: sarà Damian Lillard il go to guy di questa e (si spera) delle prossime stagioni. Una responsabilità non da poco per un giocatore che, ricordiamolo, è alla sua quarta stagione nella lega e che, fino all’altro giorno, è stato abituato a dividersi le responsabilità con Aldridge. Non mancando, però, di farsi trovare pronto quando è toccato a lui vincere partite di una qual certa importanza, anche nei PO (per informazioni citofonare Houston Rockets). Per cui meglio che cominciate a farci l’abitudine: “It’s always Lillard time!”
A COSA PUNTARE – A una ‘tranquilla’ stagione intorno a quota 0.500. Perché, tutto sommato, la possibilità di combinare qualcosa di buono c’è. E poi chissà che il non farsi trovare al posto giusto nel momento giusto (leggasi una buona posizione a metà marzo, magari approfittando di qualche difficoltà di troppo altrui) non frutti sorprese bellissime e, per ora, inattese.
IL PRONOSTICO – Annata da 40 vittorie o poco più. Per i playoff a Ovest non è (più) il momento.