NBA24 PREVIEW - Los Angeles Lakers: una ricostruzione difficile e Bryant al passo d'addio
Far peggio dell’anno scorso è difficile. Ok, lo avevamo detto anche all’inizio del 2014/2015 e i gialloviola hanno voluto smentirci alla grandissima, regalandoci e regalandosi un 21-61 che è già entrato di diritto nella storia del Gioco. Dalla parte sbagliata, ovviamente. Ma andare oltre, questo no. Sarebbe francamente impossibile. Soprattutto per questi ‘nuovi’ Lakers che sembrano (condizionale d’obbligo) costruiti con un minimo di criterio rispetto alla versione 1.0 di Byron Scott e a quella protagonista dei (ne)fasti D’Antoniani. Non che ci volesse molto, d’accordo. Ma ultimamente essere di bocca buona dalle parti dello Staples Center non è il migliore tra gli atteggiamenti possibili.
COME L’ABBIAMO LASCIATA – Al termine della stagione peggiore della propria gloriosa storia. Con il destino già segnato dall’infortunio di Randle nell’opening night. Da lì in poi tutto buio, dal punto di vista tecnico e mentale, ben al di là dell’effettivo impatto che la matricola avrebbe potuto avere sulle sorti di una squadra che si stava comunque già trascinando problemi endemici e strutturali. Senza contare che, quando perdi oltre 60 partite, non ci sono ‘se’ e ‘ma’ che tengano. Nemmeno quando non si è potuti contare per tutta la stagione sul tuo prospetto migliore prima e sul 24 poi.
IL MERCATO ESTIVO – Come detto, rispetto alle ultime stagioni la squadra sembra essere stata costruita seguendo una certa logica. Che può non essere condivisibile ma è comunque meglio rispetto alle macerie cui siamo stati abituati negli ultimi tempi. D’Angelo Russel ha, ovviamente, catturato le attenzioni dei più anche se l’arrivo più importante ‘rischia’ di essere quel Louis Williams che ai Raptors ha dimostrato di valere la chance della vita. Senza contare il fatto che il 29enne da Lithonia è quel tiratore affidabile dall’arco che nella L.A. in gialloviola mancava da troppo tempo, aprendo alla possibilità di nuove e variegate opzioni offensive. A rinforzare la frontline sono arrivati Roy Hibbert e Brandon Bass che sarebbero ottimi come ricambi per un lungo titolare che, però, al momento non c’è: Scott dovrà quindi gestire partite e minutaggi in base alle caratteristiche dell’avversario di serata. A meno che Hibbert non torni anche solo la metà di quello che era ad Indiana nell’anno della finale di Conference contro gli Heat; eventualità al momento improbabile. Grande curiosità, infine, sullo spazio che potrebbe avere Larry Nance Jr: atleticamente ci siamo, sul resto c’è da lavorare. Parecchio.
L’UOMO FRANCHIGIA – Bisognerebbe mettersi d’accordo sulla definizione. Perché nel senso più puro del termine il primo estratto sulla ruota angelena è ancora e sempre il 24 da Lower Marion High School. Se, invece, si parla della pietra angolare su cui costruire qualcosa di immediatamente futuribile, allora il nome è quello di Julius Randle. Ben più di Russel che cattura si l’occhio e l’immaginazione, ma appare meno solido e preparato mentalmente a ciò che lo aspetta al piano di sopra. Diversamente dall’ex Wildcat che da point forward ha fatto intuire notevoli margini di crescita. Se la salute lo assisterà potrebbe rivelarsi molto più determinante del previsto e prevedibile.
A COSA PUNTARE – Il coro unanime è ‘playoff’. Magari con l’ottavo posto. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e una buona dozzina di squadre. Senza per forza parlare dei Warriors o dei Rockets di turno: Grizzlies, Thunder, Nuggets e Pelicans (in rigoroso ordine di importanza) hanno tutte qualcosa in più. Anzi, forse più di qualcosa. Con un occhio a degli apparentemente insospettabili Jazz e Timberwolves. Con queste premesse una stagione poco sopra quota 0.500 non sarebbe da buttare via. Che poi nel Wild Wild West non sia garanzia di playoff, è un altro paio di maniche.
IL PRONOSTICO – Quarantacinque vittorie. E poi ricostruzione seria una volta scaduto il contratto di Bryant. Che, detto tra noi, non è così scontato che smetta con il basket giocato.