LA LAKERS - Julius Randle: “Non mi sono arrabbiato dopo l’infortunio”
Il rookie dei Lakers, Julius Randle, si è presentato nella sala stampa dello Staples Center per parlare con i giornalisti, una settimana dopo l’infortunio alla gamba destra nell’esordio contro i Rockets. Julius ha affermato che Martedì (ieri) è stato il primo giorno nel quale ha lasciato casa sua dopo la rottura della gamba e che il suo unico obiettivo è guardare avanti. “Non sono arrabbiato. Non mi sono chiesto “Perché a me?”. Onestamente, c’è solo la motivazione e la voglia di tornare il più presto possibile e di avere successo per la mia squadra” dice il 19enne da Kentucky University. Continua Randle: “Il motivo per cui non sono arrabbiato né abbattuto è che ho la convinzione che quanto mi è successo fosse nei piani di Dio”. Sull’infortunio dice: “Era una giocata normale. Mi sono mosso come al solito. Quando sono andato su, ho sentito come se qualcuno mi avesse dato un calcio. Non credevo fosse la mia gamba. Poi ho avvertito come un “pop”, ma non sentivo nulla. Solo che non ho nemmeno provato a rialzarmi, poiché la gamba era troppo debole. Mi sentivo a disagio, ma non ho avvertito nulla fino a che non sono arrivato sul tavolo per la radiografia. Ero sotto shock perché sapevo cosa fosse successo”. I compagni sono andati a trovarlo e Randle parla di Bryant in particolare: “La notte dell’infortunio mi ha mandato un messaggio, abbiamo parlato ed è stato importante per permettermi di superare quel momento difficile, dicendomi che non ero il primo giocatore al quale capitava una cosa simile ed ero atteso ad un grande ritorno; ma la mia riabilitazione ed il recupero mentale cominciavano adesso”. “E l’ho fatto”, aggiunge Randle, “Ho lottato per alcuni giorni, ma alla fine starò bene”.
Inoltre, Randle ha chiacchierato anche con James Worthy, che si ruppe la gamba, nel 1983, nella stagione da rookie proprio con i Lakers: “E’ pazzesco che abbiamo avuto praticamente lo stesso infortunio. Ci siamo rotti lo stesso osso, ma il suo era un po’ più complicato. Comunque mi è stato d’aiuto”. Dopo aver affermato di non voler accelerare i tempi di recupero, sperando di poter tornare a camminare entro sei settimane, il texano rammenta con un sorriso il grave infortunio al piede sofferto mentre era al college: “Era più drammatico di questo, non posso mentire. Mi sentivo distrutto, giù di morale, non volevo fare nulla. Mia madre mi è stata molto d’aiuto. Dopo un paio di giorni, però, grazie agli antidolorifici, mi sentivo già meglio”. Randle, comunque, cerca di trovare del positivo in questa situazione: “Potrò usare il tempo a mia disposizione per migliorare l’aspetto mentale del mio gioco. Osserverò gli altri giocatori, le cose sulle quali voglio migliorare, vedere come gli altri ragazzi le fanno e metterle in pratica su me stesso”.
Alla fine, gli viene chiesto cosa ha veramente provato al momento dell’infortunio, finendo ko alla prima in NBA, fuori per tutta la stagione pochi minuti dopo il suo esordio: “Ho pianto un paio di volte per questo. Ho pianto per 10 minuti e sto bene. Non so se posso dire di non aver ancora inquadrato o meno la situazione, ma mentalmente sto bene”.