ICYMI - Il Re e il suo esercito immaginario
Ogni reame che si rispetti è composto da un trono, appartenente ad un Re, una popolazione di sudditi fedele alla corona, un territorio sul quale stanziare e porre le basi per il proprio regno e, infine, un esercito robusto e pronto ad ogni battaglia per cercare di difendere le mura, la popolazione e soprattutto il Re. Qual’è secondo voi la parte più importante di questa tipologia di politica, di modo di governare, di maniera di imporre in un certo qual senso le proprie idee? Cerco di dare una mia interpretazione. Senza una popolazione di sudditi, il regno potrebbe non esistere ma sono più unici che rari i casi in cui la popolazione decide, forzatamente o meno, di sottostare alle idee e agli ordini del sovrano. Senza un trono, naturalmente, non ci sarebbe nemmeno la possibilità di avere un reame ma la storia ci insegna che senza battaglie, senza sangue, senza scontro non c’è chance di arrivare alla corona. Come potete notare, in entrambe le ipotesi c’è bisogno, c’è un vitale bisogno di una “forza bruta” che metta ordine, anche sopprimendo, le gerarchie che si vogliono attuare. Dunque, il presupposto principale secondo il quale può effettivamente esistere un regno, un reame degno di tale nome corrisponde alla solida presenza di un esercito.
Trasliamo questo concetto in queste NBA Finals e ricerchiamo le componenti di cui sopra: Il Re c’è e risponde al nome di LeBron Raymone James; la popolazione di sudditi c’è ed è un intero stato, come quello dell’Ohio, pronto a fare follie pur di veder realizzato il sogno del suo figliol prodigo; stesso ragionamento vale per il territorio del reame di King James. Cosa manca? L’esercito, il perno fondamentale per la costruzione di qualcosa di storicamente rilevante. L’ideatore incaricato dell’esercito è David Griffin, GM dei Cleveland Cavaliers. Il suo straordinario lavoro h consentito ai Cavs di assicurarsi le prestazioni di giocatori come Irving, Love, Smith, Shumpert, Jones, Mozgov, Miller, tutti ideali e precisi compagni di battaglia per il Re. Molti di questi “cavalieri” sono caduti in battaglia e non fanno più parte (fisicamente) delle truppe che coach David Blatt ha a disposizione per questi ultimi atti, per questi ultimi decisivi duelli. L’impossibilità di poter schierare l’esercito al completo è un’aggravante ma non un alibi, è un dato di fatto ma non una scusa, è una situazione reale ma distante in questo momento dalla mente di tutti. Ogni singolo componente è concentrato sulla vittoria, come giusto che sia, e non c’è tempo e modo di potersi giustificare. Ma l’esercito che ha a disposizione King James, effettivamente, qual’è? E qualora ci fosse, dov’è? La situazione è ben più complessa di quella che sembra perchè il peso che vediamo sulla bilancia, il risultato finale di ogni gara, l’apporto di ogni singolo giocatore è influenzato da una serie innumerevoli di fattori.
La preoccupazione, il dubbio, la crescente consapevolezza in casa Cavaliers riguarda proprio l’esercito con il quale si sta combattendo. Giocando con il nome della franchigia dell’Ohio, possiamo soffermarci sulla composizione non più dell’esercito ma di una prestabilita sezione, ovvero sia la Cavalleria. Quest’arma è formata da diverse parti: abbiamo il comando di reggimento, i migliori cavalieri, i più pronti alla battaglia, e poi abbiamo i cosiddetti “squadroni di cavalieri” che vanno a comporre la seconda linea della Cavalleria. Quello che sembra evidente in queste NBA Finals, quello che in un certo qual modo sembra trasparire in maniera troppo netta è la costante guerra tra il reggimento dei Warriors e lo squadrone di cavalieri di Cleveland, tra i migliori guerrieri e i cavalieri di secondo ordine. l lati più negativi e gravi della situazione in casa Cavaliers sono da rintracciare nell’approccio della second unite dei Golden State Warriors, nelle rotazioni centellinate da coach Blatt, dalla forza maggiore che hanno gli altri. Iguodala, Barbosa, lo stesso Ezili, Livingston stanno contribuendo alla realizzazione di un sogno, al raggiungimento di quello che ad inizio Playoff sembrava poter essere troppo bello per essere vero. Smith, Shumpert, Dellavedova, Jones, Miller sono co-comprimari che sono stati catapultati in un contesto che probabilmente sognavano solo: Smith e Shumpert ad inizio anno erano dati per finiti con i Knicks, Mozgov era finito chissà dove in Colorado, Jones non aveva mai avuto un minutaggio simile, Dellavedova sembra non essere abituato ed allenato per mantenere una serie di 7 gare a questi ritmi. Ma indipendentemente da tutto, da ogni tipo di scusante, da ogni tipo di possibile e probabile giustificazione, non è ammissibile un atteggiamento come quello mostrato dai Cavaliers nell’ultima frazione di gioco di gara 5: intimoriti, impauriti, sfiduciati, rinunciatari. La perfetta fotografia della partita è la tripla da lontanissimo di King James, palese frutto di una rinuncia totale ad ogni iniziativa che non porti il #23 sulle spalle. Di battaglie impari a questo livello se ne son viste poche ed è impossibile che un solo giocatore può portare un’intera squadra al successo, anche se ti chiami Lebron James, il Re solitario, il Re con un popolo che lo acclama ma lasciato, quasi abbandonato dal suo esercito immaginario, dalle sue truppe nel momento migliore.