Thunder, Gallinari: "Scettico sulla ripartenza. Il mio futuro? È arrivato il momento di provare a vincere qualcosa"
Con la NBA ferma e ancora incerta sul da farsi, Danilo Gallinari si è concesso in una lunga video-intervista con il team di Cantieri Aperti 365, toccando vari argomenti d’attualità sia riguardanti gli States che un suo possibile ritorno in futuro nel Vecchio Continente.
Il Gallo parte dall’attualità vissuta negli States: “Ogni giorno ci svegliamo sperando di avere delle notizie ufficiali, che sia di una ripartenza o meno, ma c’è ancora poco in realtà, dunque bisogna tenersi in forma. Gli esercizi in casa li abbiamo praticamente finiti, stiamo aspettando che riapra il campo della società per riprendere la palla in mano il prima possibile“.
Su una possibile ripartenza, il giocatore dei Thunder mostra scetticismo: “Se dovessi rispondere adesso direi che al momento non ci sono le condizioni. Se me lo si chiede tra un mese, magari la risposta sarà diversa“. Il focus si sposta poi sul futuro, con il contratto in scadenza in estate: “Penso che sia un momento della mia carriera in cui cercare di vincere qualcosa. In NBA bisogna valutare tutto e arrivano tante proposte, ma poter giocare per vincere qualcosa sicuramente può essere diverso rispetto ad un team che fa rebuilding“.
La sua carriera nella Lega è cominciata nell’estate 2008, e Gallinari racconta la notte del Draft: “Una serata unica, come per tutti i ragazzi che hanno l’onore di essere scelti. Per me fu davvero un’esperienza ancor più irripetibile, perché quando vieni chiamato da New York è tutto ancor più amplificato. Ho finito le interviste in notturna, sono arrivato a ristorante con la famiglia alle 2 di notte. Il giorno dopo avevo appuntamenti con coach D’Antoni e il GM Walsh. Dunque praticamente non ho dormito per due giorni“.
“A New York, all’inizio, c’era lo stereotipo che fossi praticamente solo un tiratore e mi avevano messo solo a tirare da 3 punti” – spiega l’italiano, ripercorrendo la sua esperienza NBA – “Quando sono arrivato a Denver, coach Karl aveva capito che potevo anche penetrare, fare qualcosa in più; è stata una gioia, ho iniziato ad espandere quella parte del gioco giocando come piaceva a me. Poi nelle ultime due stagioni ovviamente ho avuto tante responsabilità“.
Dal suo arrivo negli Stati Uniti, la considerazione dei giocatori europei è profondamente cambiata: “Ora non ci sono più gli stereotipi degli europei come giocatori soft. Il numero è aumentato, c’è molto più rispetto e conoscenza a livello di scout. I team sono più preparati a livello mondiale, riescono a capire molto di più come dei giocatori potrebbero giocare in NBA. Ci sono anche dei software apposta che riescono a rapportare il rendimento di un giocatore in base alle statistiche rispetto a quello che potrebbe fare negli USA“.
Il nativo di Sant’Angelo Lodigiano, quindi, parla dei giocatori che più l’hanno colpito negli anni, oltre ai top come LeBron James o Kobe Bryant: “Chris Paul è davvero fortissimo e lo stesso vale per Iguodala, mio compagno a Denver, un giocatore totale. Ai tempi di Denver c’era uno come Ty Lawson che era fortissimo e velocissimo; adesso mi sembra che uno come Schroeder sia incredibile. Dopo Leonard è il two-way player più forte che c’è, l’unico giocatore NBA che pressa a tutto campo“.
Infine, il Gallo si sofferma sulla pratica del trash talking: “C’è in tutte le partite. Per come sono fatto io, non sono quello che comincia, ma se c’è gli vado dietro e rispondo. È una parte simpatica, ci si prende molto in giro. Mi ricordo dei tempi di New York che i fans furono molto sorpresi quando risposi a Garnett, che con Boston provava a mettermi “pressione”; ma io non ero di certo li per prenderle e non mi tirai indietro. Alla base di tutto c’è comunque tanto rispetto, quindi se poi si gioca insieme non ci sono mai strascichi particolari, si gioca per un obiettivo comune“.